L’Istat ha rilevato che il declino demografico delle aree interne italiane è più marcato rispetto ai grandi centri urbani. L’emigrazione è più intensa sia verso l’estero sia verso i centri maggiori, con un conseguente invecchiamento della popolazione e una perdita di giovani laureati che non tornano nei loro paesi d’origine.
Secondo la nuova mappatura relativa al ciclo di programmazione 2021-2027 della Snai, le aree interne, che comprendono oltre 4.000 comuni (il 48,5% del totale), sono particolarmente vulnerabili ai fenomeni demografici negativi. Al primo gennaio 2024, la popolazione residente in queste aree è di circa 13,3 milioni di persone, pari a un quarto della popolazione italiana. Nei centri urbani, invece, risiedono circa 45,7 milioni di persone.
Tra il 2014 e il 2024, la popolazione delle aree interne è diminuita del 5% (da 14 milioni a 13,3 milioni), mentre quella dei centri urbani è calata dell’1,4% (da 46,3 milioni a 45,7 milioni). La diminuzione è ancora più evidente nei comuni periferici e ultraperiferici, con una riduzione rispettivamente del 6,3% e del 7,7%.
Il Mezzogiorno mostra una situazione particolarmente critica, con una diminuzione della popolazione del 6,3% nelle aree interne, rispetto al 2,7% nel Nord e al 4,3% nel Centro. Oltre due terzi dei comuni in declino nel Mezzogiorno appartengono alle aree interne, mentre nel Centro-Nord questa proporzione è di un terzo.
Il calo demografico è attribuito a un bilancio naturale negativo, dove il numero di decessi supera quello delle nascite, e a significativi flussi migratori verso i centri urbani o l’estero, in particolare dal Mezzogiorno. La fuga dei giovani laureati rappresenta un ulteriore fattore di fragilità per queste aree.
**(ANSA)**
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