“È necessario ribadire che qui gli elementi dirimenti sono l’ambiente e la salute dei cittadini. A Taranto non si tratta da tempo di una semplice vertenza industriale. Certo, l’occupazione è importante, ma questa non può condizionare la scelta finale, il destino di un territorio. Essa non può essere più il parametro prevalente. È un principio finanche stabilito dalla Carta costituzionale. Sappiamo tutti a quali disastri siamo stati condotti, per non tenere al centro la tematica dell’acciaio verde, della valutazione di impatto sanitario. Errori che in nessun caso consentiremo si ripetano, costi quel che costi in termini di produzione e sue implicazioni”.
Con queste parole, Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, ha esordito nel corso del suo intervento al tavolo istituzionale tenuto venerdì scorso presso la Prefettura. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, i commissari in A.S. di Acciaierie d’Italia e Ilva, i parlamentari ionici e il presidente e consiglieri della Regione Puglia.
Seguendo attentamente le fasi che porteranno al passaggio dell’azienda a nuovi investitori, Melucci ha tracciato la linea da seguire per tutelare la comunità tarantina, soprattutto in vista del 2030, quando l’area a caldo dello stabilimento dovrà cessare di funzionare, inaugurando un nuovo modo di produrre l’acciaio.
“Noi siamo disposti a capire tutto – ha dichiarato il sindaco, rivolgendosi ai commissari di AdI in A.S -. Non vogliamo spaventare gli investitori, non vogliamo compromettere il piano industriale, ma in cambio vogliamo sapere quando per gli altiforni sarà il ‘giorno zero’. La decarbonizzazione completa dell’impianto non potrà essere una mera premialità in termini di valutazione dell’offerta. È una strategia imposta dalle politiche europee, condizione essenziale per accedere a finanziamenti pubblici che garantiscano una riconversione effettiva, bonifica e riqualificazione del territorio ionico, persino per il reskilling delle maestranze in esubero”.
Il sindaco ha sottolineato che due sentenze della Corte Europea hanno sanzionato l’Italia perché la produzione dell’ex ILVA ha compromesso il diritto alla salute di un intero territorio. “Abbiamo preso una grande responsabilità attendendo il 2030 per vedere finalmente chiusa l’area a caldo della fabbrica, ma questa comunità deve avere maggiori garanzie e chiarezza circa le intenzioni degli investitori”.
La cessione degli impianti siderurgici, ha continuato Melucci, non può essere trattata come una semplice operazione di vendita. “Nel territorio tarantino si sta giocando una partita importante per la transizione giusta. La comunità non ha bisogno solo di sapere che la produzione proseguirà, ma anche di conoscere il modello di sviluppo futuro”.
“Ci è stata chiesta collaborazione – ha proseguito il sindaco -, e noi siamo pronti a darla, ma non se questo significa incertezze sui tempi di chiusura delle fonti inquinanti. È giusto che chi rileva lo stabilimento sappia che deve decarbonizzare completamente. La salute e un modello economico sostenibile vengono prima di tutto. Se l’impianto è strategico per il territorio e il Paese, bisognerà fare i conti con la sofferenza di una comunità estremamente ferita e disillusa”.
Il sindaco ha concluso affermando la disponibilità a negoziare una soluzione solo se sarà chiaro che non esistono altre strade senza un accordo di programma o strumenti giuridici paragonabili. “C’è un solo modo per continuare a produrre acciaio ed evitare una catastrofe peggiore di Bagnoli: un’ILVA decarbonizzata, ridimensionata, ammodernata e meglio integrata con la città e il porto. Ma bisogna agire in fretta e non coltivare altre incertezze, nemmeno nel linguaggio della gara in preparazione”.
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