BARI – Sono rimasti chiusi per mesi nei campi della Libia subendo violenze fisiche e psicologiche, e senza documenti e passaporti, in attesa di scappare nottetempo. Poi la fuga e le coste per imbarcarsi su gommoni fatiscenti, stipati come sardine con il rischio di naufragare ma nella speranza di cambiare vita e ripartire in un nuovo paese. È la storia che accomuna tantissimi dei migranti sbarcati a Bari dopo quattro giorni di navigazione e dopo essere stati soccorsi a 30 miglia dalle coste libiche dalla Sos Humanity One salvati da imbarcazioni in avaria. Circa 180 persone tra cui 25 donne – di cui qualcuna incinta – 70 adolescenti e quattro bambini sono scesi nello scalo del capoluogo. Al momento sono tutti in buone condizioni di salute ma lo staff della nave umanitaria fa sapere che sarebbe stato meglio evitare loro altri quattro giorni di navigazione per arrivare in Puglia. Sono stremati e stanchi. Hanno subito la prigionia e la tirannia, quella dei loro paesi e della Libia che li ha imprigionati per rispedirli a casa.
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