Con i loro comportamenti avrebbero consentito la “dispersione di sostanze nocive” e contribuito a provocare “una grave malattia neurologica al piccolo Lorenzo Zaratta” che morì a Taranto il 30 luglio del 2014 per un tumore al cervello quando aveva solo cinque anni. Per questo la Corte d’appello ha disposto che sei persone, tra dirigenti ed ex dirigenti dello stabilimento siderurgico Acciaierie d’Italia (ex Ilva), siano processati con l’accusa di cooperazione in omicidio colposo, a partire dal prossimo 2 ottobre.
Il giudizio è stato disposto accogliendo il ricorso presentato dal pm Mariano Buccoliero e dai familiari del bimbo (i genitori e il fratello), che si costituirono parte civile tramite l’avvocato Leonardo La Porta, contro la sentenza di non luogo a procedere decisa dal gup Pompeo Carriere il 12 luglio 2022. Alla notizia il papà di Lorenzo, Mauro Zaratta, ha reagito scrivendo su Facebook: “Il 2 ottobre si riparte. Che sia fatta giustizia per tutti i figli di Taranto”.
Lorenzo, conosciuto da tutti come Lollo, era diventato uno dei simboli della lotta all’inquinamento quando proprio suo padre, nell’agosto del 2012, salì sul palco durante una manifestazione ambientalista, mostrò la gigantografia del figlio intubato, e raccontò il dramma che stava vivendo.
Al bimbo il tumore fu diagnosticato quando aveva appena tre mesi. Gli imputati sono l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso; l’ex responsabile dell’area parchi minerali, Marco Andelmi; il capo dell’area cokerie, Ivan Di Maggio; il responsabile dell’area altiforni, Salvatore De Felice; i responsabili delle due acciaierie Salvatore D’Alò e Giovanni Valentino. Secondo l’accusa avrebbero consentito “la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali”.
Tali condotte avrebbero contribuito a provocare “una grave malattia neurologica al piccolo Lorenzo Zaratta che assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era allo stato fetale”, sviluppando una “malattia neoplastica che lo conduceva a morte”.
Nel decreto che dispone il giudizio vengono citate le consulenze tecniche delle parti “inerenti, tra l’altro, la sussistenza – si legge nel documento – del nesso causale tra le condotte contestate e la presenza di sostanze inquinanti provenienti dallo stabilimento siderurgico nel cervello di Lorenzo Zaratta, e dall’altro lato il nesso causale tra detta presenza e la neoplasia che lo portò al decesso”.
Nei confronti di altri due imputati, per i quali fu riconosciuto un errore nei capi d’imputazione, non è stato presentato ricorso. La Corte, invece, dovrà pronunciarsi a ottobre in merito all’impugnativa contro l’assoluzione dell’unico imputato che scelse il rito abbreviato.
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