Nel Plesso “Leone” del quartiere Paolo VI vivono all’incirca 150 famiglie. Dal 2019, ciclicamente, un collettore della fogna che scorre tra la piazzetta comunale all’interno degli stabili e viale Cannata, via della Liberazione e viale della Repubblica, scarica i liquami per la strada, lì dove passano le mamme con i passeggini, le famiglie a far la spesa, o gli scolari diretti a scuola.
Della vicenda da allora se ne occupa il SUNIA, il Sindacato degli inquilini di Taranto, nel tentativo di liberare queste famiglie dall’incuria, dai topi, dalle blatte e dal rischio sanitario.
Da ieri la vicenda, in cui per diverse ragioni entrano di diritto Arca Ionica (proprietaria degli immobili), l’ACQ (proprietaria del collettore di fogna) e il Comune di Taranto (proprietario di tutte le aree intorno e responsabile delle condizioni di igiene della propria comunità), si è arricchisce di un altro particolare.
Ci abbiamo messo mesi per chiarire oneri e competenze – spiega Luigi Lamusta, segretario del SUNIA di Taranto – ed oggi, di fronte, all’ennesimo sversamento di acqua putrida e maleodorante, sappiamo di fatto che AQP che dovrebbe realizzare i lavori (risorse già stanziata) attende da tempo il permesso a scavare da parte dell’ente civico, e che lo stesso che in tutti questi mesi aveva assicurato l’intervento degli autospurgo nella zona, da questo momento in poi non sarebbe più in grado di intervenire.
La risposta sarebbe arrivata direttamente dall’assessorato al Patrimonio del Comune di Taranto, dopo il “no” da parte dell’assessorato all’Ecologia dello stesso ente.
Vi è un rimpallo di responsabilità – sottolinea Lamusta – Un assessorato dice che non gli compete, l’altro dice che non ha risorse economiche. Tutto mentre quelle famiglie attendono da anni la soluzione del problema.
In caso di assenza di risposte il SUNIA annuncia la mobilitazione dei cittadini emil coinvolgimento del primo cittadino al fine di dirimere la questione di competenza tra i due assessorati.
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