“Continuano a segnalarci l’arrivo nei porti pugliesi e in quello di Bari in particolare, di navi cariche di grano proveniente dalla Russia, dall’Ucraina e dalla Turchia. Chiediamo alle autorità competenti di intervenire immediatamente per verificare gli arrivi e per garantire i consumatori e i produttori di grano italiani. Occorre tutelare il grano italiano e pugliese e contrastare il crescente incremento delle importazioni da Turchia, Russia e Ucraina. Altrimenti è in serio pericolo la sopravvivenza della nostra cerealicoltura”.
È Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, a tornare sulla necessità di salvaguardare il grano duro. “A oggi siamo praticamente inermi e disarmati mentre il nostro Paese è meta di importazioni selvagge e senza controlli. I prelievi dei campioni devono essere effettuati da un gruppo misto di controllori (sanità marittima, Nas e Guardia di finanza) e analizzati prima dello scarico della nave con particolare attenzione alle micotossine. Alla Regione Puglia e al suo Osservatorio Fitopatologico chiediamo di fare i controlli visivi che gli competono e di rendere pubblici i risultati e le immagini del grano. Tra le navi in arrivo, ci sarebbe, in base ai sistemi di informazione marittima, la nave «Alma» con grano di origine russa ed ucraina. Stiamo continuando a perdere questa guerra; eppure, basterebbe dare vita a Granaio Italia”, aggiunge Sicolo.
“Considerato che le semine non garantiscono i giusti ritorni, si rinuncia a seminare grano e parallelamente aumenta la dipendenza dall’estero. Serve maggiore trasparenza sui mercati e il riconoscimento dei costi ai cerealicoltori italiani. È inconcepibile che non si proceda all’istituzione del registro telematico sulle giacenze dei cereali, Granaio Italia, importante in termini di maggiore tracciabilità e la cui entrata in vigore viene continuamente rinviata. Confidiamo nell’impegno del sottosegretario Lapietra affinché nel passaggio in aula al Senato venga approvato l’emendamento su “Granaio Italia” che è il registro telematico per la certificazione del grano sia italiano che in arrivo dall’estero. Così come si attende da tempo uno strumento che certifichi i costi di produzione per definire, in modo chiaro, anche i termini di contrattazione”.
“L’Italia importa il 40% del fabbisogno di grano duro, il 65% di tenero e il 55% del mais. Eppure, nonostante la carenza di prodotto nazionale e la continua richiesta da parte dei consumatori di prodotti 100% italiani, le quotazioni dei maggiori cereali sono sempre più mortificanti per gli agricoltori. La Puglia, dove si produce la maggiore quantità di grano duro italiano, è così estremamente penalizzata”.
Anche a causa dei cambiamenti climatici, si prospetta per il Paese un raccolto tra i più bassi di sempre. E la situazione non è differente per il grano tenero e il mais. Non è pensabile andare avanti senza politiche di contenimento da parte dell’Europa. Le aziende stanno abbandonando le colture. Le istituzioni tutte devono agire rapidamente, il Governo deve dare risposte immediate rispetto alle istanze presentate da troppo tempo, con un documento concreto di proposte, diverse mobilitazioni in piazza e una petizione online “salva-grano” Made in Italy che supera le 75 mila firme. Non si trascurino ancora i rischi economici, sociali e ambientali di questa crisi, non solo per il comparto cerealicolo, ma per l’intero Paese.
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