Al processo in corso a Palermo, il pubblico ministero ha chiesto una condanna a sei anni di reclusione per Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. I fatti risalgono al 2019, quando Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, impedì lo sbarco a Lampedusa di 147 persone salvate in mare dalla nave Open Arms.
Salvini: “Sono colpevole di aver difeso i confini del mio Paese”
“Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori”, aveva dichiarato Salvini prima della requisitoria. L’ex ministro ha poi aggiunto: “Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato”.
In seguito alla richiesta di condanna, Salvini ha ribadito la sua posizione: “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese. L’articolo 52 della Costituzione italiana recita che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data”.
Il PM: “Questo non è un processo politico”
Durante la requisitoria nel processo Open Arms nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, il pubblico ministero Gery Ferrara ha affrontato la questione del presunto carattere politico del processo. “Questo è un processo politico?” si è chiesto Ferrara, per poi rispondere: “È pacifico che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un POS è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi”. Ferrara ha inoltre evidenziato che, quando Salvini divenne ministro dell’Interno, la gestione degli sbarchi e del rilascio dei POS passò dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro, rendendo quest’ultimo il decisore finale. “Questo è l’elemento chiave”, ha concluso il pubblico ministero.
Giorgia Meloni: “È un precedente gravissimo”
La richiesta del PM di condannare Matteo Salvini a sei anni ha scatenato immediate reazioni politiche. La prima a esprimersi è stata il premier Giorgia Meloni, che ha definito “incredibile” che un ministro della Repubblica Italiana rischi sei anni di carcere “per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini”. Meloni ha poi aggiunto che “trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo”.
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