L’invasione di olio tunisino a prezzi stracciati mette in crisi i produttori italiani, alimentando il rischio di speculazioni e frodi sul mercato. A denunciarlo sono Coldiretti e Unaprol, che sottolineano come l’Italia sia diventata il principale importatore di olio dalla Tunisia: un terzo delle importazioni totali del prodotto è arrivato nel nostro Paese nei primi due mesi della campagna olivicola, proprio in coincidenza con l’uscita del nuovo olio italiano.
Secondo le associazioni, l’olio tunisino viene venduto a meno di 5 euro al litro, causando una pressione al ribasso sui prezzi dell’olio nazionale, che rischia di costringere i produttori a vendere al di sotto dei costi di produzione. Una concorrenza definita sleale, sia per la qualità superiore dell’olio Made in Italy, sia per le regole meno stringenti in Tunisia su pesticidi e diritti dei lavoratori rispetto a quelle dell’Unione Europea.
Il flusso di olio tunisino è favorito da un accordo Ue che permette l’importazione annua di 56.700 tonnellate di oli vergini d’oliva senza dazi doganali. Coldiretti e Unaprol chiedono di rivedere l’intesa, restringendo il periodo di applicazione dal 1° aprile al 30 settembre per evitare la sovrapposizione con la produzione italiana.
Le associazioni evidenziano anche il rischio frodi: olio straniero spacciato per italiano. Per contrastare il fenomeno, propongono un sistema europeo unico di registrazione e tracciabilità del prodotto, come ribadito in una lettera inviata al Ministero dell’Agricoltura.
L’olio d’oliva è un simbolo del Made in Italy agroalimentare, grazie alle 400mila aziende agricole nazionali, 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più grande patrimonio di biodiversità al mondo. Con 43 Dop e 7 Igp, l’Italia vanta il primato europeo per gli oli extravergini certificati. Tuttavia, per difendere questo patrimonio, servono regole più rigide e maggiore trasparenza nella filiera.
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