BARI – La protesta è durata quanto un gatto in tangenziale. Sabato pomeriggio la strada dell’Arco Basso, a Bari vecchia, è tornata a riempirsi di turisti – un po’ meno del solito dato il weekend novembrino dalle temperature poco favorevoli – e di orecchiette sui telai e pronte per essere vendute con le pastaie intente a creare, con la loro sapiente artigianalità, la pasta simbolo della cucina made in bari da abbinare, nella maggior parte dei casi, a cime di rapa e ragù di carne.
Nella mattinata, le signore che animano la via – una delle prime in cui ci si imbatte se dal porto si vuole esplorare il borgo antico – avevano inscenato una protesta contro chi le accusava di vendere prodotti industriali e non artigianali.
Nei giorni scorsi, infatti, le pastaie sono state al centro dei dubbi sollevati inchieste giornalistiche con relative polemiche che hanno messo in evidenza anche di scarse condizioni igieniche in ristoranti improvvisati in case private. Di qui la decisione di togliere tutti i prodotti artigianali fatti a mano dai banchi e di rivendicare il diritto alla vendita. Le pastaie poi si sono anche dette disponibili a mettersi in regola e allora: cosa si fa?
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