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Taranto: Arsenale, lo spettro della privatizzazione

“Il concorso di 315 tecnici indetto esclusivamente per l’Arsenale di Taranto è stato un fiasco, in quanto risulterebbero idonei e potranno essere assunti circa 130/135 unità. Un risultato inadeguato e insoddisfacente per il più grande stabilimento militare del Ministero della Difesa”. Lo scrivono in una nota Grazia Albano (FP Cgil), Umberto Renna (Cisl FP) e Gaetana Pisarra (Uil PA).

”A pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca – continuano i sindacalisti -: che questo fiasco sia cercato e non casuale? Che forse il fallimento non sia dovuto all’impreparazione dei candidati o all’inadeguatezza della commissione? Che ci sia la volontà di qualcuno di esternalizzare le attività della Difesa spostandole verso altri lidi? Potrebbero sembrare parole infondate, ma l’accordo stipulato nei giorni scorsi tra il Ministero della Difesa e la joint venture Orizzonti Sistemi Navali, che comprende Leonardo e Fincantieri, per la manutenzione delle nuove unità navali come la Portaerei “Cavour” e i Cacciatorpediniere “Andrea Doria” e “Caio Duilio”, qualche dubbio lo alimenta.

”Forse c’è la volontà di qualcuno di spingere le lavorazioni lontano dall’Arsenale pregiudicando la sua efficienza, riducendola a stazione appaltante, compromettendo l’esistenza della maggior parte degli insediamenti militari della Difesa che, hanno ragione di esistere grazie all’operatività dell’Arsenale. Senza interventi mirati e consistenti è a rischio la presenza stessa della Marina Militare a Taranto”, continuano Albano, Renna e Pisarra.

“Gli insediamenti militari del Ministero della Difesa si intrecciano da 134 anni con il tessuto sociale tarantino, hanno rappresentato un motore trainante per l’economia locale, condizionandone la crescita demografica e lo sviluppo paesaggistico. La città, cedendo i propri spazi alla Marina Militare, è diventa un punto strategico del Mediterraneo e sede più importante dell’intera flotta navale italiana. Dirottare le manutenzioni verso la grande impresa, significa diminuire cospicuamente anche le chance per i lavoratori dell’indotto locale, molti dei quali già oggi sono in cassa integrazione e a breve, se non si troveranno idonee soluzioni, saranno disoccupati”, aggiungono.

“È da anni che il Sindacato si affanna a cercare di far comprendere che per le ricadute economiche e la sicurezza del Paese, è strategico avere un Arsenale pubblico che, pur avvalendosi della collaborazione del privato, funga da calmiere dei prezzi, in caso di esternalizzazioni delle attività; dotarsi di personale qualificato si sottolinea che significa, non solo contribuire all’economia locale, ma assicurarsi una propria autonomia manutentiva e non rischiare di diventare ostaggio delle ditte private, che hanno come interesse primario solo il proprio profitto. Per questo chiediamo a tutte le forze sociali ed economiche, a tutte le rappresentanze politiche territoriali e a tutti i parlamentari jonici, di essere promotori di questa vertenza per un rilancio industriale del territorio, perché la Marina Militare lo deve a Taranto e perché Taranto è la Marina Militare”, concludono Albano, Renna e Pisarra.

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