Apre il Festival della Valle d’Itria il 18 luglio una nuova e fresca produzione de “Il Turco in Italia” di Gioachino Rossini (repliche 1, 4 e 6 agosto), opera buffa in due atti su libretto di Felice Romani che, sotto la direzione musicale di Michele Spotti alla testa dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari e del suo Coro, preparato da Fabrizio Cassi, riavvicinerà l’opera al suo compositore. Lo farà estirpando le musiche d’altri compositori che, per la fretta, erano state inserite nella prima versione del 1814 per il Teatro alla Scala di Milano, e integrando alcuni numeri oggi poco conosciuti che Rossini aveva concepito per le versioni del 1815 di Firenze e, specialmente, di Roma.
Il cast vocale prevede il ritorno al Festival, nella parte di Fiorilla del soprano Giuliana Gianfaldoni, per la parte di Selim il giovane basso Adolfo Corrado, nella parte di Prosdocimo il baritono Gurgen Baveyan; mentre il baritono Giulio Mastrototaro apporta la sua esperienza scaligera alla parte di Don Geronio. La regia è affidata a Silvia Paoli, mentre le scene portano la firma di Andrea Belli e i costumi di Valeria Donata Bettella. L’allestimento dell’opera è realizzato dalla Fondazione Paolo Grassi in coproduzione con la Fondazione Petruzzelli di Bari. Con la consueta profondità di visione, Rodolfo Celletti scriveva a proposito del Turco, andato in scena nel 1814, l’anno del crollo dell’impero napoleonico e culmine di tante tragedie che afflissero l’Europa in quegli anni: «Potremmo guardare a Rossini come a un genio dell’astrazione totale, capace di esplodere nel più prepotente dei modi e di ergersi a dispensatore di allegria in un momento di sciagure. Oppure potremmo rifarci al concetto gattopardesco del melodramma italiano visto come sedativo principe dei mali nazionali. In un modo o nell’altro, il Turco in Italia esprimerebbe sempre un preciso periodo della nostra storia, e ritrarrebbe inoltre una società sostanzialmente indifferente ai cataclismi fra i quali viveva».
Con il secondo titolo in scena a Palazzo Ducale di Martina Franca (26, 28 e 30 luglio), “Il paese dei campanelli” di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato composto nel 1923, si celebra il centenario dell’operetta italiana. Nel dirigerla per la radio tedesca nel 2008, il direttore musicale Fabio Luisi si è innamorato della freschezza e dell’alta qualità musicale della sua partitura, spesso sottovalutata nel genere dell’operetta. Per la prima volta in decenni si presenta una produzione con il pieno organico orchestrale richiesto dalla partitura e completo con coro, ballerini, attori e solisti. La regia viene affidata all’esperienza del regista italo-sudafricano Alessandro Talevi, alla sua grande capacità di tradurre il comico in azione teatrale e di coordinare grandi masse artistiche sul palco scenico. Il cast comprende, per la parte di Bombon, Maritina Tampakopoulos, già Polina ne “Il giocatore” di Prokofiev andata in scena a Martina Franca lo scorso anno e per la parte di Nela il soprano Francesca Sassu. Sul podio dell’Orchestra e il Coro del Teatro Petruzzelli di Bari salirà proprio Fabio Luisi. L’allestimento è realizzato dalla Fondazione Paolo Grassi in coproduzione con il Teatro Coccia di Novara dove la produzione sarà replicata a settembre. «L’operetta poté nascere perché la società stessa in cui nacque era una società da operetta. Questo suo carattere dipendeva dal fatto che essa si nascondeva dinanzi alla realtà anziché affrontarla consapevolmente» scrive Kracauer nel suo fondamentale testo su Offenbach e la Parigi del suo tempo. Impossibile non notare le somiglianze con la società del nostro tempo, come quella di allora ritirata sempre più in un privato sospeso nel vuoto, in cui perfino delle guerre si riceve un’eco confusa e dove l’economia, dominata dalla finanza, non permette la valutazione di grandezze reali, come quelle della vita quotidiana.
Lo storico Teatro Verdi di Martina Franca, recentemente ristrutturato, sarà valorizzato anche quest’anno dall’allestimento di due importanti prime esecuzioni assolute in tempi moderni in forma scenica. La prima, di scuola napoletana, è frutto della riscoperta del musicologo Bernardo Ticci, che ne ha curato la nuova edizione: “L’Orazio” di Pietro Auletta (22 e 25 luglio), dramma giocoso per musica su libretto di Antonio Palomba, che alla sua prima assoluta nel 1737 riscosse un tale successo da essere riscritta in decine di versioni, con musica e titolo attribuiti a compositori diversi. Podio e regia sono affidati a due nomi di respiro internazionale: la regista inglese Jean Renshaw e il direttore d’orchestra Federico Maria Sardelli alla guida del suo ensemble Modo Antiquo; nel cast il soprano Shira Patchornik, vincitrice del prestigioso Concorso Cesti, nella parte di Leandro e il soprano Valeria La Grotta, nella parte di Giacomina, Martina Licari, nella parte di Elisa, il mezzo Natalia Kawałek, nella parte di Lauretta, il tenore Camilo Delgado Díaz, nella parte di Colagianni, il baritono Matteo Loi, nella parte di Lamberto. La seconda riscoperta presentata al Teatro Verdi è di stampo buffo veneziano, con un libretto di Carlo Goldoni; un’ottima occasione di paragonare le due scuole nazionali in competizione nel Settecento. Il manoscritto de “Gli Uccellatori” del compositore boemo Florian Leopold Gassmann (2 e 5 agosto) è stato riscoperto nella biblioteca nazionale di Vienna nel 2015 in un progetto di ricerca diretto dal musicologo tarantino Michele Calella, professore ordinario di musicologia all’Università di Vienna, revisionato da Martina Grempler e Ingrid Schraffl, e portato in scena dal Theater an der Wien nella Kammeroper di Vienna dalla regista-coreografa inglese Jean Renshaw. Sarà sempre lei a firmare la regia dell’opera, mentre le scene e i costumi porteranno la firma di Christof Cremer. Protagonisti del cast saranno i giovani cantanti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”. La direzione musicale è affidata a Enrico Saverio Pagano, specializzato in questo repertorio, alla testa dell’Orchestra della Magna Grecia, coproduttore del progetto.
Ultimo titolo in forma scenica è una rarità di Jules Massenet, conosciuto in Italia forse solo per tre delle sue ventotto opere, e per nulla in quanto autore d’operette. “L’adorable Bel-Boul” (19 e 20 luglio) su libretto di Paul Poirson è un’operetta in un atto del 1873. Nel 2023 ricorre quindi il 150° anniversario della composizione. Il progetto è rappresentato nella suggestiva cornice del Chiostro di San Domenico della Fondazione Paolo Grassi e realizzato in coproduzione con l’Espacio Turina di Siviglia, centro musicale di riferimento della città andalusa e punto d’incontro per la creazione artistica. Il team creativo è formato dal regista Davide Garattini, dal direttore musicale Francisco Soriano, dallo scenografo Paolo Vitale e dalla costumista Giada Masi. Sul palcoscenico i giovani artisti allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”.
A Palazzo Ducale, il concerto sinfonico del 29 luglio vedrà impegnata come di consueto l’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari sotto la direzione di un astro nascente della direzione, Diego Ceretta, pluripremiato al Premio Cantelli 2020, quest’anno ospite anche al Rossini Opera Festival e al Teatro Comunale di Bologna. In programma l’Ouverture in do maggiore “im italienischen Stile”, op. 170, D. 591 di Schubert, la Sinfonia n. 4 in la maggiore “Italiana”, op. 90 (MWV N 16) di Mendelssohn e la Sinfonia n. 6 in fa maggiore, op. 68 “Pastorale” di Beethoven. Completano il programma i tre Concerti del Sorbetto (22, 29 luglio e 5 agosto), in orario pomeridiano. Tra gli appuntamenti diffusi sul territorio, il ciclo “Il canto degli Ulivi” propone quattro concerti tra i secolari ulivi delle più belle masserie (21 – Masseria Palesi a Martina Franca, 23 – Leonardo Trulli Resort a Locorotondo, 27 – Masseria Nicola Casavola a Martina Franca, 31 – Masseria Capece a Cisternino), affidati ai giovani cantanti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” che interpretano arie dal repertorio dell’opera buffa.
Dal 2023 Presidente della Fondazione Paolo Grassi, che organizza il Festival, è infatti l’Avv. Michele Punzi che afferma: «Siamo orgogliosi di poter presentare, in un anno così difficile, segnato dalla triste dipartita di Franco Punzi, un cartellone di alto profilo artistico che racchiude perfettamente lo spirito del compianto storico Presidente del Festival ma anche delle generazioni che gli sono succedute. Cercheremo di affrontare l’anno che ci separa dalle celebrazioni del cinquantenario del Festival con il sorriso, e armati di ottimismo, guardando ai recenti traguardi raggiunti – come il Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana ricevuto da Leila Fteita per la scenografia di “Le Joueur”, una nostra produzione del 2022 – per raggiungere nuove vette di eccellenza».
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