In Italia si stimano circa 140.000 persone che vivono con l’HIV e nel 2023 si sono registrate oltre 2.300 nuove diagnosi, di cui il 60% avvenute in fase avanzata della malattia. A lanciare l’allarme è stato il convegno “HIV SUMMIT: Ending the HIV Epidemic in Italy”, che si è svolto nella Capitale con la partecipazione di istituzioni, esperti, medici e attivisti. Al centro dei lavori, la necessità di una strategia nazionale efficace per contrastare il virus e raggiungere i target UNAIDS 95-95-95 entro il 2030.
La lentezza della risposta italiana
Nonostante i progressi terapeutici, la lotta all’HIV in Italia procede troppo lentamente. A pesare, secondo gli esperti, sono la scarsa informazione, la diffusione ancora limitata della PrEP (profilassi pre-esposizione), lo stigma sociale e la carenza di politiche pubbliche strutturate. “Ogni traguardo è stato raggiunto con l’alleanza tra ricerca, attivismo e politica – ha ricordato il prof. Stefano Vella – ed è proprio questo il modello da rilanciare”.
Prevenzione, test e cultura del rischio
Per Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell’INMI Spallanzani, è urgente potenziare la prevenzione attraverso test rapidi, condom, maggiore accesso alla PrEP e campagne di sensibilizzazione. “Serve un investimento serio su informazione e servizi territoriali – ha detto – per far emergere il sommerso e interrompere il ciclo delle nuove infezioni”.
Un impegno politico concreto
A intervenire anche l’on. Mauro D’Attis, primo firmatario della proposta di legge sull’HIV: “L’HIV deve tornare al centro dell’agenda sanitaria nazionale. Non bastano le risorse, occorre una nuova legge per garantire accesso equo alle cure e superare le disuguaglianze”. La sfida, hanno ribadito tutti i partecipanti, è abbattere lo stigma e costruire una cultura inclusiva, basata sulla conoscenza e sulla prevenzione.
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