“Non c’è alcun semaforo verde sui crediti delle aziende dell’indotto ex Ilva. La certificazione della prededuzione dei crediti vantati verso Acciaierie d’Italia, avvenuta tramite l’insinuazione al passivo, conferma la strategicità delle imprese che hanno sempre operato nello stabilimento. Tuttavia, questa certificazione non risolve la controversa questione”.
Lo sottolinea Aigi, l’associazione che rappresenta la quasi totalità delle aziende dell’indotto ex Ilva. “La prededucibilità delle aziende riconosciuta dai commissari straordinari, che al momento esclude le aziende di autotrasporto, dovrà comunque essere valutata dal Tribunale il prossimo 19 giugno,” aggiunge la nota di Aigi. “Ma questo non significa affatto soldi immediati per le imprese”.
Aigi spiega che, anche nel 2015, quando fu dichiarata l’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva, molte aziende furono riconosciute prededucibili. Oggi, a distanza di nove anni, le stesse imprese non sono ancora state risarcite dei crediti vantati verso l’ex Ilva e si trovano in una situazione finanziaria estremamente complicata.
L’associazione fa notare che il cosiddetto decreto salva indotto, ora legge, mette a disposizione il Fondo di Garanzia per le Pmi per l’accesso al credito al fine di sostenere la continuità aziendale. Tuttavia, la procedura Sace è vincolata al piano industriale di AdI in amministrazione straordinaria e alla bancabilità delle aziende. Questo rappresenta un pericoloso ossimoro, considerando che se le aziende non vengono pagate non possono essere considerate bancabili.
Secondo Aigi, è necessario sollecitare protocolli d’intesa con il sistema bancario, Mediocredito centrale e Sace, nonché con i commissari delle procedure di amministrazione straordinaria, per ristabilire fiducia nel sistema economico e sociale generato dalle imprese dell’indotto. Senza tali soluzioni, nonostante gli sforzi del governo, l’indotto ex Ilva rischia di scivolare inesorabilmente verso la chiusura delle aziende e la liquidazione giudiziale.
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