Sempre più frequentemente si registrano gravi episodi di violenza contro i lavoratori e le lavoratrici della Polizia Locale in tutta Italia. Denunce di aggressioni fisiche e verbali e danneggiamenti ai mezzi di servizio spesso restano limitati ai confini territoriali dei singoli enti, senza essere riconosciuti come un problema nazionale da affrontare con adeguati strumenti. La disomogeneità del settore, caratterizzata da differenze tra i corpi di Polizia Locale e le specifiche problematiche territoriali, complica ulteriormente la situazione.
Ornella Petillo, Segretario Nazionale UGL Autonomie, sottolinea la mancanza di dati a livello nazionale che evidenzino la portata del fenomeno. “Il localismo in cui operano gli agenti municipali – afferma – non aiuta ad avere un quadro preciso della situazione nel Paese”. Secondo l’UGL Autonomie, i Documenti di Valutazione del Rischio (DVR) adottati dagli Enti Locali sono spesso inadeguati, non tenendo conto dei rischi specifici del lavoro su strada e del contatto con il pubblico.
Antonio Musciacchio, Dirigente Nazionale UGL Polizia Locale, denuncia come gli episodi di aggressione vengano spesso minimizzati, anche a causa della mancanza di una specifica classe di rischio per gli operatori della Polizia Locale. A ciò si aggiunge un quadro normativo e contrattuale inadeguato, che espone questa categoria a maggiori rischi. Il gruppo di studio sulla Riforma della Polizia Locale (Legge quadro 65/86), attivo presso il Viminale, dovrebbe tenere conto della situazione critica in cui operano le amministrazioni locali, spesso sprovviste di strumenti e risorse per garantire misure di tutela e formazione adeguate agli agenti.
“Facciamo appello al Ministro Piantedosi affinché ponga attenzione alla condizione ibrida, sia giuridica che contrattuale, in cui operano gli operatori della Polizia Locale”, conclude Petillo.
Per l’UGL Autonomie, questa situazione rappresenta la causa principale dell’inadeguatezza delle misure di prevenzione e protezione messe in atto dalle amministrazioni locali.
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