Brindisi, il Dna conferma: le ossa nel pozzo sono di Cairo

Le ossa e gli alti poveri resti recuperati dai vigili del fuoco nel pozzo di contrada La Rosa, nella zona industriale di Brindisi, apparterrebbero a Salvatore Cairo. La genetista Giacoma Mongelli e il medico legale Viviana Innamorato hanno depositato nelle ultime ore i risultati della perizia commissionata dalla Corte d’Assise per determinare se effettivamente si trattasse di ciò che resta dell’imprenditore di casalinghi ucciso il 6 maggio 2000: anche se l’ufficializzazione arriverà solo in aula, con l’esame dei due periti, indiscrezioni confermano che il test del Dna prelevato dalle ossa e confrontato con quello della sorella e del fratello di Cairo non lascerebbe spazio a dubbi.


Il racconto di Enrico Morleo, accusato di essere il killer di Cairo (oltre che di Sergio Spada) e che ha portato la Corte d’assise all’imboccatura del pozzo, raccontando di non aver ucciso l’imprenditore ma “solo” di averne fatto a pezzi con una motosega il corpo, bruciandone poi i resti e gettandoli nella cisterna, è dunque confermato, almeno nella sua fase finale. Morleo, che è difeso dall’avvocato Giacinto Epifani, sostiene di aver trovato il corpo senza vita di Cairo nel piazzale dell’azienda di famiglia in cui avvenne il delitto e di averlo fatto sparire nel timore di essere accusato dell’omicidio.

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