BARI- Fatture false, dichiarazioni dei redditi incomplete e documenti contabili nascosti, oltre all’attività di riciclaggio di proventi illeciti. Sarebbero questi i reati contestati a un imprenditore Barese a cui le Fiamme Gialle, su richiesta della Procura della Repubblica di Bari, hanno sequestrato beni del valore di circa 500 mila euro.
Le articolate indagini dei finanzieri baresi, compiute tra il 2015 ed il 2018, hanno portato alla luce l’esistenza di un’organizzazione criminale, con base operativa a Bari, dedita alla commissione di reati tributari.
L’esecuzione del provvedimento rappresenta l’epilogo della complessa attività investigativa svolta dai finanzieri del Gico di Bari, finalizzata alla ricostruzione del profilo di pericolosità sociale del “proposto” e all’individuazione degli “asset” patrimoniali e finanziari riconducibili al medesimo e ai componenti del nucleo familiare.
Il destinatario del provvedimento di prevenzione sarebbe stato, difatti, riconosciuto (allo stato, salvo la verifica successiva nella fase decisoria con il contraddittorio della difesa) come soggetto connotato da una pericolosità sociale generica, in relazione al coinvolgimento in articolate indagini – eseguite dalle Fiamme Gialle baresi tra il 2015 e il 2018 – che avrebbero disvelato l’esistenza e l’operatività di un’organizzazione criminale, con base operativa a Bari, dedita alla commissione dei delitti tributari di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di omessa dichiarazione fiscale, di presentazione di dichiarazioni infedeli e di occultamento di documenti contabili, nonché di autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti.
Alla luce del quadro probatorio acquisito in sede penale anche attraverso intercettazioni di conversazioni telefoniche, l’imprenditore – condannato, all’esito del giudizio di primo grado, nel marzo 2022 dal Tribunale di Bari alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione per associazione per delinquere e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti – avrebbe beneficiato dei proventi derivanti dai delitti tributari, commessi per il tramite di 2 società di capitali baresi operanti nel settore della produzione di manufatti in cemento.
Il complesso sistema di frode – posto in essere anche attraverso l’utilizzo di società “cartiere” – avrebbe, pertanto, consentito alle società coinvolte di evadere l’Ires, Irap e l’iva, negli anni di imposta dal 2011 al 2015, per un importo totale di circa 15 milioni di euro.
Al fine di disvelare, quindi, l’origine del patrimonio del proposto è stata acquisita, con riferimento al periodo 2011-2017, copiosa documentazione, tra cui i contratti di compravendita dei beni, nonché numerosi altri atti pubblici che hanno interessato nel tempo l’intero nucleo familiare investigato, verificando poi, per ogni transazione, le connesse movimentazioni finanziarie sottostanti alla creazione della provvista economica. Il materiale così raccolto è stato oggetto, pertanto, di circostanziati approfondimenti investigativi che hanno consentito (secondo l’impostazione accolta dal Tribunale di Bari, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) di individuare – allo stato delle indagini – beni nella disponibilità dell’imprenditore e del proprio nucleo familiare costituenti il reimpiego dei proventi delle attività illecite commesse.
In esecuzione del decreto emesso dalla Terza Sezione Penale del Tribunale di Bari sono state sottoposte a sequestro, in vista della successiva confisca, beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie per un importo complessivo di circa 500 mila euro.
Gli esiti dell’attività d’indagine costituiscono un’ulteriore testimonianza del costante presidio economico-finanziario esercitato dalla Procura della Repubblica di Bari – in stretta sinergia con il locale Nucleo Pef – finalizzato all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati anche mediante il ricorso alle misure di prevenzione previste dal Codice antimafia.
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