L’amore di Surbo per la Madonna Lauretana

La Beata Vergine Lauretana per Surbo è la radice viva di un amore che ha attraversato i secoli. Un amore fiorito intorno all’albero di un culto a cui è legata intimamente una grande festa. E l’emozione di viverla, oggi come ieri, è sempre la stessa con i suoi rituali che aggregano un paese e che toccano tre poli sacri: la chiesa della Madonna d’Aurio, la  matrice di Santa Maria del Popolo e la cappella della Beata Vergine di Loreto.  E, come da tradizione, la domenica di Pasqua, eccola arrivare in piazza, issata su un carretto tirato da un cavallo bianco, la statua della Madonna di Loreto che presenta nella denominazione locale l’equivoco linguistico, complice l’assonanza dialettale, tra Madonna te lu riu e te Luritu.  Con questa traslazione a Surbo entra nel vivo la festa più attesa dell’anno. Per i surbini non è la festa patronale, ma la festa di tutte le feste. Salutata quest’anno dagli sbandieratori “Rione Castello” di Carovigno, dopo la celebrazione della Santa Messa nel luogo sacro d’Aurio, ritorna nella sua cappella in attesa del rito più suggestivo dell’anno: quello della vestizione che si protrae a porte chiuse dalla notte sino alle prime luci dell’alba del primo martedì dopo Pasqua, quando le porte della chiesa vengono spalancate ai fedeli.  Il culto in onore della Madonna Lauretana a Surbo, seppur affondi le radici nella leggenda di un ritrovamento di una piccola statua di una Madonna nera che reggeva tra le braccia occultate dalle pieghe delle vesti il divino bambino in un tronco cavo di un ulivo tra terra e fogliame, si propaga dal piccolo insediamento un tempo chiamato Suburbium (per secoli casale de corpore della città di Lecce) dall’antico casale medievale di d’Aurio del greco Layrion, diminutivo di laura, con il significato di Cenobio.  In quel luogo, dove secondo la tradizione, sorgeva un fervido monastero di monaci italo-greci, sorse molto verosimilmente nell’ XI secolo la chiesetta – in stile romanico-salentino con campanile a vela – di Santa Maria, dove era raffigurata un’immagine della Vergine dipinta su legno e, poiché il luogo era un centro di rito greco-bizantino, la sua festa si celebrava il martedì dopo Pasqua. Forse l’assonanza tra Lauriu e Loreto fu lo sprone che consentì di avviare il culto in onore della Madonna di Loreto supportato anche dalla similitudine a livello iconografico della statua mariana custodita nel  della santa casa di Loreto.  Narra la leggenda che dopo il ritrovamento, la sacra effigie, molto verosimilmente nascosta dai monaci italo-greci, fuggiti dall’Oriente per scampare alle persecuzioni della lotta iconoclasta scatenata dall’imperatore bizantino Leone III detto l’Isaurico, venne portata nella chiesa parrocchiale, ma da lì, secondo un topos letterario, sparì per essere ritrovata il giorno dopo nello stesso tronco cavo d’ulivo che l’aveva abbracciata per secoli. La festa andò in scena per lungo tempo nel casale d’Aurio, donato dal Conte di Lecce Tancredi alla zia Emma, badessa delle monache benedettine il cui monastero lo detenne sino al 1377, anche se già dal luglio 1724, come risulta da documenti d’archivio, era celebrata dal clero surbino e non da quello lupiense. Nonostante ciò il culto finì con il sovrapporsi e insorse una contesa tra la parrocchia di Surbo e la parrocchia della Madonna della Porta a Lecce, che rivendicava a sé la festa. A partire dal 1837 cessarono le celebrazioni sino a quando furono distaccate da D’Aurio in favore di Surbo, ponendo fine alla diatriba. La chiesa romanica, ultima testimonianza visibile dell’antico casale d’Aurio scomparso tra il XV e il XVII secolo rappresenta per certi versi il nucleo storico della nascita del casale che darà poi origine a Surbo la cui etimologia del nome deriverebbe dall’albero selvatico del sorbo. La gente del territorio confidava nel baluardo della torre, detta dei cavallari, risalente al XVI secolo e rientrante nel sistema di difesa che comprendeva le torri costiere e le masserie fortificate. Lì era di stanza una guarnigione di guardie a cavallo pronte a scongiurare le incursione turche e saracene che si profilavano dal mare. Il culto, trasferito e radicato a Surbo, dove ebbe diverse vicissitudini e diversi avvicendamenti legati alle statue della Vergine senza braccia, è ancora vivo e pulsa nel solco delle radici devozionali dei padri. Così tra sacro e profano continua ad andare in scena ancora oggi la festa in onore della Madonna Lauretana conosciuta come la Madonna vestita d’oro. All’Angelus mattutino si spalancano le porte e in una nuvola d’incenso appare in tutto il suo splendore la statua della Madonna rivestita di oro da capo a piedi pronta per essere traslata in processione. Una moltitudine immensa, radunata intorno al sagrato della cappella di impianto seicentesco. intitolata in passato a Santo Stefano protomartire, con un caloroso applauso saluta Maria che, con il suo abito scintillante,  rifulge sotto i raggi del sole, lasciando tutti a bocca aperta e con le lacrime agli occhi per la commozione sulle note dell’inno cantato dai bambini  Passo dopo passo, omaggiata dal volo del sessantunesimo stormo dell’Aeronautica Militare di Galatina, visto che la Madonna di Loreto è considerata come la protettrice degli aviatori, verso le 9.00 lentamente inizia a muoversi una lunga processione che si snoda come un serpentone umano in tutto il paese ornato di fiori e lumini e agghindato con rosette e bandierine celesti in cartapesta per salutare il passaggio del corteo processionale, accompagnato dal clero e seguito dal sindaco e dai rappresentanti delle istituzioni, tra ali di folla e case con le porte spalancate che testimoniano il forte senso di devozione, di identità e di appartenenza. Al ritorno, dopo mezzogiorno, in piazza per la celebrazione eucaristica, presieduta dal parroco, Don Mattia Murra e da altri sacerdoti, all’ombra della chiesa di Santa Maria del Popolo, si ha contezza della fiumana umana e della predilezione nei confronti della Beata Vergine di Loreto non solo da parte dei surbini, ma anche di tutti i paesi limitrofi. E tra le note della banda si sente mormorare da parte dei devoti un’Ave Maria solitaria che sala al cielo e un grazie ai delegati per la festa, Marco Indennitate e Maurizio Longo, che sono scesi in campo con l’aiuto di due imprenditori: Oronzo Trio del Gruppo Trio S.p.A. e Giuseppe Maroccia della Maroccia Costruzioni srl. Surbo ama intensamente  la sua celeste protettrice che invoca sia nei momenti di gioia sia in quelli di dolore. Lo testimonia il coinvolgimento partecipato alla liturgia, alimentato da una fede genuina e sincera. In un tripudio di suoni e colori lo sguardo è rivolto sempre verso la statua rivestita da capo a piedi di gioielli e ori, donati per devozione dai fedeli per grazia richiesta e per grazia ricevuta. E alla fine della celebrazione tutti pregano e fanno visita alla statua della Madonna vestita d’oro, intronizzata in chiesa madre per un giorno e guardata vista dai Carabinieri, prima di ritornare nella sua dimora per essere spogliata dell’abito sfavillante e rivestita con i suoi soliti abiti molto sobri. I devoti sotto il suo manto si rifugiano, sotto la sua ala protettiva si pongono nel tentativo di trovare conforto e superare i drammi della vita, sotto il suo astro ritrovano la luce che indica il cammino come un faro, a Lei si rivolgono con tutto il cuore chiamandola semplicemente Mamma.

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