“L’ennesimo Cda a vuoto è la dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, che a dettare le condizioni non è il nostro Governo, ma ArcelorMittal. Da tempo stiamo stigmatizzando la scelta di voler continuare a correre verso il baratro, stretti nell’abbraccio mortale con la multinazionale indiana. A gennaio incombe la scadenza del pagamento della fornitura del gas, ma ci sono anche le ditte in appalto che attendono risposte, ed il nostro Governo che fa? Continua a non decidere”. Così Sasha Colautti e Francesco Rizzo, dell’esecutivo confederale Usb, in merito alla vicenda ex Ilva. “Per quel che concerne domani – aggiungono – ci aspettiamo un altro incontro vuoto. Continueremo a leggere sul volto dei Ministri, e di chi gestisce le sorti industriali di questo paese, la consueta rassegnazione. Come Usb ribadiremo la nostra posizione, che non può prescindere dalla immediata cacciata di Arcelor Mittal”. “Questo Paese – affermano infine – deve riappropriarsi del suo futuro, a partire dalle scelte strategiche su lavoro, ambiente, salute e sicurezza”.
Il Governo Meloni sul destino dell’ex Ilva di Taranto è totalmente assente. Nessuna proposta, nessuna soluzione, nessuna prospettiva”. Lo afferma il senatore Mario Turco, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, aggiungendo che “nel frattempo il tempo passa inesorabilmente e la situazione economica e sociale si aggrava e rischia di esplodere. Lavoratori che non percepiscono stipendi e non conoscono il loro futuro; imprese dell’indotto alle prese con crediti che chissà se verranno mai pagati”. Palazzo Chigi, sostiene Turco, “continua a gettare la palla fuori dal campo di gioco, senza assumersi la responsabilità di quanto sta accadendo. Si procrastinano scelte non più rinviabili. Di fronte a questo disastro anche economico-sociale, si sottovaluta il rischio della sicurezza di chi continua a lavorare all’interno dell’impianto siderurgico e di chi continua a subire gli effetti dell’inquinamento”. Per l’esponente del M5s, “dopo il ripristino dello scudo penale e il regalo di 680 milioni a titolo di prestito pubblico, svanito nel nulla, il Governo Meloni ha fatto solo annunci e false promesse. Per distrarre dal problema, si continua a parlare di trasferimento di impianti vetusti e di aumenti di capitale in un’azienda a perdere e senza fondi. Sarebbe forse più opportuno e corretto definire prima di tutto cosa il Governo intenda fare dell’impianto siderurgico, quali risorse mettere a disposizione e come difendere il lavoro, la salute e l’ambiente”.
“L’esito del Cda di Acciaierie d’Italia che non prende nessuna decisione sul capitale e sull’acquisizione degli impianti è l’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di come la trattativa dell’ex Ilva sia completamente in mano ad ArcelorMittal. Il Cda non assume decisioni perché il Governo non assume decisioni e la multinazionale continua a tenerci inchiodati a questa situazione drammatica che va avanti dall’estate e che non può portare a nulla di buono”. Così il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, dopo la riunione del Cda di AdI che si è concluso con un nulla di fatto. “Anzi – osserva Palombella – ogni giorno che passa va sempre peggio visto che si avvicinano delle scadenze, come quella del 10 gennaio per la fornitura del gas, e il pagamento delle ditte dell’appalto. Per questo anche l’incontro di domani ci preoccupa, quale altra scusa si inventeranno i ministri?”. Il leader della Uilm ricorda che “a settembre il ministro Fitto firmava un atto di fiducia con il socio privato, mentre l’azienda raggiungeva il suo minimo storico di produzione e l’ad di AdI diceva che andava tutto bene. Questo è il grande paradosso che stanno vivendo da anni 20mila lavoratori e intere comunità. Come pensano di arrivare a gennaio? Come faranno i lavoratori – si chiede il sindacalista – a sopportare ancora questa situazione ormai insostenibile? Stanno compromettendo il futuro della siderurgia in Italia”.
“Ex Ilva, ancora una nuova fumata nera che continua con il balletto di Mittal e Invitalia sulle macerie dell’acciaieria”. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, in merito alla riunione del Cda di Acciaierie d’Italia che si è conclusa con un nuovo nulla di fatto dopo circa tre ore di confronto. “Domani – aggiunge il sindacalista – noi di Ugl Metalmeccanici saremo a far sentire la nostra voce unitamente con altri sindacati metalmeccanici dopo essere stati convocati a Palazzo Chigi, nella speranza di ottenere notizie più chiare sul più grande siderurgico d’Europa. Vorremmo capire fino a quando durerà il macabro balletto dei soci su ciò che resta dell’ex Ilva”. Lo Stato, esorta Antonio Spera, “assolutamente garantisca su una delle fabbriche dalla quale, un tempo, dipendeva e in parte ancora è così la filiera dell’acciaio italiano”.
“Apprendiamo che nell’ennesimo Cda di Acciaierie d’Italia di quest’oggi non è stata trovata nessuna soluzione per rilanciare l’attività aziendale e si è concluso con un nulla di fatto. Pensiamo che questa situazione di stallo continui ad essere fortemente pericolosa per il futuro dell’azienda, dell’occupazione e della produzione del più grande polo siderurgico europeo. Ci chiediamo anche, come mai, il confronto con i vertici del Governo e i Mittal a livello mondiale non sia stato tenuto in questi mesi ma sia stato programmato per le prossime giornate di gennaio”. Lo dichiarano in una nota congiunta il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia e il responsabile nazionale Siderurgia Valerio D’Alò. “Pensiamo – aggiungono – che sia il momento delle scelte e non dei rinvii, perché non c’è più tempo. L’incontro di domani del sindacato con il Governo sia quindi non una perdita di tempo ma concreto nel programmare scelte che permettano, al di là del confronto con i Mittal, di salvare l’azienda e di evitare un ‘bagno di sangue’ industriale e occupazionale. Non ci siano quindi rinvii, ma si mettano in campo quelle soluzioni che permettano di programmare il ruolo di questo Paese nel futuro dell’ex Ilva”. I due sindacalisti auspicano “che ci sia un programma chiaro che trovi soluzioni importanti di garanzia come l’entrata in maggioranza dello Stato nel capitale dell’azienda, soluzione che da tempo abbiamo indicato e con noi anche molti industriali stanno indicando come possibile parte della soluzione”.
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