Pietro Pallini, coordinatore della UIL di Taranto, interviene sull’annosa questione riguardante il destino dell’ex ILVA di Taranto e dei suoi lavoratori, commentando, con una nota stampa, l’incontro istituzionale avvenuto a Roma nella giornata di mercoledì 27 settembre con le sigle sindacali nazionali di categoria e alla luce dello sciopero di 24 ore in atto presso lo stabilimento tarantino.
“È paradossale apprendere che la riunione convocata a Palazzo Chigi, alla presenza del sottosegretario alla presidenza del consiglio Mantovano e ben tre ministri, si apra da parte della delegazione di Governo attraverso un semplice “diteci”. Traspaiono, da quel verbo, i tratti di una forma di autolesionismo nel voler sentirsi ripetere che la fabbrica è al collasso, che i lavoratori sono esasperati e che un territorio rischia da un momento e l’altro la bomba sociale e ambientale”, dice Pallini.
“Cos’altro dovrebbero dire le parti sociali? Lo abbiamo scritto, detto, ribadito e gridato che il protrarsi di questo stato di fatto null’altro sancisce all’infuori della consumazione di un dramma industriale, economico e sociale. È assurdo ostinarsi a non compiere passi in avanti, addirittura ne vengono fatti all’indietro e alla cieca dopo il vuoto emerso dalla riunione a Palazzo Chigi”, aggiunge Pietro Pallini.
“E ancora, presso le portinerie di AdI abbiamo dovuto far sentire il nostro grido di dolore contro chi aveva promesso di investire nell’acciaio italiano, soprattutto pulito, rilanciando un’azienda che le cronache politico/sindacali ci consegnano come un paziente in terapia intensiva. Centinaia di lavoratori, stremati, stanchi, delusi hanno tirato fuori l’ulteriore grido di dolore per chiedere a gran voce risposte, che non arrivano dalla proprietà, ma soprattutto dal Governo, su quel che sarà dell’ex ILVA di Taranto. Momenti di angoscia davanti ai cancelli della fabbrica che si susseguono a quelli di rabbia. La misura è colma”, aggiunge il coordinatore della UIL Taranto.
“Siamo al delirio se solo immaginiamo di voler ancora negoziare con un negoziatore (Arcelor Mittal) al quale gli si è concesso di tutto. Da un piano industriale che non c’è, alla promessa di un’ambientalizzazione che nei fatti la invocano solo le persone e i lavoratori di questo territorio. Gli si è concesso non l’orgoglio di lavoratori, che hanno contribuito col loro lavoro a fare grande questo Paese, ma un esercito di cassintegrati, di “ex” e una pioggia di milioni che rischia di divenire grandine sullo spettro di una inimmaginabile deindustrializzazione e mancata ambientalizzazione. Non c’è più nulla da dire o aggiungere, se non fare e fare bene e alla svelta”.
“Siamo di fronte a un problema che vede appese le sorti di una comunità intera e sarebbe delittuoso da parte del Governo insistere a “trattare” con chi, nei fatti, ha deciso altro. Il Governo Meloni non esiti e spezzi le catene di questa insensata minaccia. Piuttosto, vada in discontinuità con le scelte dei Governi passati, peggio le non scelte”.
“Mostri la sua autorevolezza adesso e ascolti il grido di allarme che giunge dalla fabbrica e quello di un’intera città, ma soprattutto non resti ancora spettatore dell’esibizione di un soggetto industriale giunto già da tempo al capolinea di un viaggio che non è mai iniziato. Coraggio, sono i lavoratori e Taranto che ve lo chiedono!”
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