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Graziano Coscia, sindaco di Carlantino

Carlantino, sindaco: ‘Comune chiude a causa legge sul Codice Rosso’

Costretto a pagare 11.250 euro al mese a una casa rifugio di Cerignola: “Siamo un piccolo comune, abbiamo un bilancio risicato e così andiamo in dissesto”

“Se nelle prossime settimane non riceverò risposte dagli enti preposti valuterò seriamente le dimissioni e il mio Comune dovrà chiudere per assoluta mancanza di fondi”. È con queste parole che Graziano Coscia, sindaco di Carlantino, rivolge un ultimo appello alla Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni; alla Ministra per la Famiglia, natalità e pari opportunità, Maria Roccella; al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio; al Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e al Prefetto di Foggia, Maurizio Valiante.

La vicenda è legata all’applicazione della legge del Codice Rosso a una famiglia di Carlantino. L’articolo 2, commi 11 e 13, integra le disposizioni a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (appunto, il c.d. Codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio.

Più di un anno fa, una donna di Carlantino con i suoi quattro figli veniva condotta presso una casa rifugio di Cerignola, a seguito della denuncia fatta dalla stessa cittadina contro le minacce telefoniche ricevute dal coniuge. Quella denuncia ha attivato procedure e azioni previste dal Codice Rosso.

Nonostante il sindaco di Carlantino avesse rassicurato sull’incolumità della famiglia (il coniuge, infatti, si trovava in Sud America e, pertanto, non era nelle condizioni di arrecare danno alla propria famiglia) e nonostante una proposta di percorso alternativo, attuabile tramite un contributo per fittare una casa e con prospettive lavorative, la Autorità preposte hanno comunque pensato di applicare rigidamente quella che è l’attuale norma del Codice Rosso.

Il problema è che il costo dell’alloggio presso la casa rifugio è a totale carico del Comune di Carlantino. Il costo è pari 375 euro al giorno, ben 11.250 euro al mese. Ad oggi, l’ente carlantinese è debitore di quasi 200.000 euro nei confronti della casa rifugio in cui si trova la famiglia di Carlantino, tra l’altro residente in paese da pochi mesi. Una cifra enorme e spropositata per un Comune che si trova in una situazione finanziaria alquanto precaria, oltre a essere entrato in un piano di riequilibrio finanziario stabilito dalla Corte dei conti. Lo stesso Piano Sociale di Zona di Lucera non garantisce la copertura di tutte le spese, mentre la Regione Puglia, a cui il Sindaco ha chiesto più volte aiuto, si è completamente disinteressata del caso.

“La mia premura e il mio primo interesse è quello di proteggere i cittadini del mio paese – ha dichiarato il sindaco Coscia – per questo motivo non siamo assolutamente contro la legge del Codice Rosso che, in maniera efficace, può aiutare le donne soggette a minacce. Ma non è possibile legiferare in tal senso senza prevedere un fondo dal quale gli enti comunali possano attingere risorse per far fronte a tali situazioni di emergenza. Non solo, i nostri servizi sociali non stati assolutamente coinvolti in questa evenienza”.

È evidente che il Comune di Carlantino non può in alcun modo sostenere tali spese, poiché il bilancio comunale è davvero risicato. Il rischio è quello di essere costretti a tagliare i pochi servizi che l’ente è ancora in grado di offrire ai cittadini come la mensa, il trasporto scolastico o la pubblica illuminazione.

“Il mio è un ultimo e disperato tentativo di chiedere aiuto e di evitare che il mio Comune debba chiudere – conclude il primo cittadino –. Nessuno ci ha aiutato, nonostante diversi appelli al Governo centrale e a quello regionale ma, soprattutto, nessuno ci ha risposto. Un atteggiamento delle Istituzioni davvero deprecabile. Siamo costretti a sborsare 135.000 euro all’anno che, ovviamente, non abbiamo per una situazione che, fra l’altro, a nostro avviso e anche ben documentata, non prevede alcun pericolo per il nucleo familiare che oggi occupa la struttura della casa rifugio. Lo Stato non può fare leggi e poi chiedere ai comuni di sostenerle economicamente”.

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