Foggia, accusati di essere in ritardo, operatori del 118 aggrediti

Operatori del 118 sono stati aggrediti nella mattinata di domenica 3 marzo, a Foggia, durante un intervento. Stando alla ricostruzione degli stessi operatori, dopo essere stati allertati dalla centrale operativa sono giunti sul posto sono stati aggrediti da un uomo che li ha minacciati sferrando calci e pugni contro l’ambulanza, accusandoli di essere arrivati in ritardo.

“Sono stati momenti terribili, non è bello lavorare in questo clima – ha detto Luigi, 39 anni, autista dell’ambulanza del 118 ricostruendo le fasi dell’aggressione -. Allertati dalla centrale operativa per un codice rosso, in pochi minuti siamo giunti sul posto. Al nostro arrivo ho notato l’agitazione di una persona che non ci ha dato nemmeno la possibilità di scendere dal mezzo perché ha iniziato a inveire accusandoci di essere arrivati in ritardo, minacciandoci di morte e dando calci e pugni contro il mezzo”.

“Abbiamo tentato di riportarlo alla ragione spiegando anche la priorità era il soccorso della persona per cui eravamo stati chiamati, ma non ci è stato possibile nemmeno scendere dal mezzo – ha aggiunto Luigi -. Quando abbiamo capito che la situazione non sarebbe rientrata siamo andati via allertando la centrale che ci ha messi in contatto con le forze dell’ordine”.

Luigi racconta anche di aver subito un tentativo di speronamento mentre l’ambulanza si allontanava dal luogo dell’intervento da parte, con ogni probabilità, dello stesso aggressore. “Pochi minuti, ma davvero brutti – ha aggiunto -. Non è la prima volta che subisco aggressioni, così come capitato a tanti colleghi. Continuare a lavorare in un clima simile non giova a nessuno, né agli utenti né a noi operatori sanitari che abbiamo paura di non tornare a casa quando accadono episodi simili. Chiediamo di lavorare in serenità per poter assicurare tutte le garanzie di operatività”.

Luigi spiega che “ci sono soggetti noti già alla centrale perché autori di situazioni simili. Potrebbe essere un’idea quella di inserire i loro nomi in una black list in modo da allertare le forze dell’ordine quando interveniamo. Abbiamo avuto davvero paura”, conclude.

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