Il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (SAPPE), la sigla più rappresentativa del Corpo, prende posizione contro le modalità previste per l’attuazione del diritto all’affettività nei penitenziari, definendole “inadeguate, generiche e irrispettose della dignità professionale” degli agenti.
«Non ci siamo arruolati per diventare “guardoni di Stato” – afferma il segretario generale Donato Capece – né accetteremo che questo ruolo improprio venga normalizzato per l’assenza di un progetto credibile, serio e sostenibile». La denuncia arriva attraverso una nota inviata ai vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con cui il SAPPE segnala gravi criticità organizzative legate all’introduzione dei colloqui intimi nelle carceri.
Capece, pur riconoscendo i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale sul diritto all’affettività dei detenuti, sottolinea come l’attuazione concreta del provvedimento appaia «impraticabile, ingiustificata e lesiva del ruolo istituzionale del personale». Il sindacato evidenzia le gravi condizioni in cui versa il sistema carcerario: strutture inadeguate, personale sotto organico di circa 7.000 unità e turni massacranti. In questo contesto, l’idea di riservare locali per l’intimità dei detenuti, secondo Capece, è «del tutto scollegata dalla realtà».
Il SAPPE denuncia l’assenza di indicazioni operative chiare, di risorse adeguate e di strumenti per garantire sicurezza, e lancia l’allarme su possibili abusi da parte dei detenuti per ottenere colloqui riservati con richieste false. «È inaccettabile chiedere a un Corpo già esausto di assumere nuovi incarichi che esulano dalle funzioni istituzionali, come la vigilanza su rapporti intimi all’interno degli istituti», prosegue la nota.
Il sindacato chiede quindi un confronto urgente con l’Amministrazione per ridefinire il quadro normativo, garantendo il rispetto dei ruoli e la sicurezza di tutti. «I diritti dei detenuti non possono essere riconosciuti scaricandone il peso interamente sulla Polizia Penitenziaria», conclude Capece.
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