BARI – Quando diciotto mesi fa tornò in città da uomo libero, nella sua Bari Vecchia ci fu un tripudio di fuochi d’artificio, sketch e messaggi pubblicati anche sui social. Raffaele Capriati, da tutti conosciuto come Lello, 40enne nipote del boss Tonino del borgo antico, aveva finito di scontare la condanna a 17 anni per l’omicidio del 15enne Michele Fazio, il giovane che la sera del 12 luglio 2001 si trovò in largo Amendoni, tra il fuoco incrociato della faida tra clan della città vecchia. Secondo l’accusa a sparare per errore al ragazzino fu Leonardo Ungredda (ucciso in un agguato nel 2003) ma il 41enne faceva parte del commando armato. Lello Capriati fu arrestato quattro anni dopo l’omicidio e ha finito di scontare il suo debito con la giustizia nel settembre del 2022. Era uno dei pochi della sua famiglia attualmente in libertà, con i capi quasi tutti detenuti con condanne definitive e carcere duro. Quando partecipò alla sparatoria in cui fu ucciso Michele Fazio aveva appena 18 anni. Volevano vendicare la morte del cugino Francesco Capriati, 24 anni, ucciso pochi giorni prima, il 29 giugno 2001. Il loro obiettivo era Marino Catacchio, 31 anni (poi assassinato nel 2008), che consideravano l’autore di quel delitto ma non trovandolo in casa, puntarono su Vito De Felice, allora 26enne, figlio di Pinuccio “il Napoletano”.
La scarcerazione di Lello – un anno e mezzo fa -, aveva anche rimesso in moto il fermento criminale nel quartiere. Le ultime inchieste hanno rivelato che la famiglia Capriati è tuttora attiva nella gestione dei traffici illeciti anche in provincia, controllando le piazze di spaccio fino al sud est barese. E in questa direzione si starebbero muovendo gli uomini della Mobile coordinati dalla Dda che nelle scorse ore avrebbero visionato le telecamere di videosorveglianza di via Bari, a Torre a Mare, teatro dell’agguato.
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