Santa Croce: Merletti e Segreti nella pietra

Merletti e ricami scolpiti nella pietra leccese hanno reso la basilica di Santa Croce a Lecce il simbolo iconico per eccellenza del barocco salentino.

La chiesa conventuale dei Padri Celestini, edificata per custodire le reliquie del vero legno della Croce, a partire dal 1549 anche se i lavori si protrassero per quasi un secolo,  incarna lo spirito del tempo con influssi dei dettami del concilio di Trento scolpiti nella tenera pietra dorata in virtù dell’estro artistico dei grandi architetti-scultori Gabriele Riccardi, Cesare Penna e Francesco Antonio Zimbalo che si susseguirono per completare l’immensa fabbrica architettonica.

Dedicato a Dio e al vessillo della croce questo tempio incanta turisti e visitatori per la sua bellezza, la sua magnificenza e il suo splendore, ma anche per i simboli reconditi funzionali ad ammaestrare, a catechizzare e ad annunciare la parusia ossia il ritorno glorioso del Cristo alla fine dei tempi. Essi sono celati e in parte svelati in un organismo architettonico vivo, dove il potere spirituale si fonde e si confonde con il potere temporale.

Netto il contrasto tra l’opulenza della facciata e la sobrietà dell’interno trinavato dell’aula liturgica. Non tutti sanno che la quinta cappella della navata a destra, che ingloba l’altare con colonne tortili, dedicato a sant’Oronzo martire, testimonia la devozione autentica dei leccesi nei confronti del loro santo protettore.

Il 20 febbraio 1743, quando la terra tremò, Lecce fu preservata grazie alla sua protezione sino al punto che non cadde una sola pietra. Quel lontano ricordo è ancora suggellato nei versi in vernacolo leccese affidati con gratitudine al santo dei miracoli da parte dei cittadini scampati al tremendo terremoto con epicentro nel Canale d’Otranto che provocò molte vittime in diversi luoghi del Salento:

“1743 / FOI S[antu] RONZU CI NI LEBERAU / DE LU GRA[n] TERRAMOTU, CI FACIU / A BINTI DE FREBARU: TREMULAU / LA CETATE NU PIEZZU, E NO CADIU. / IDDU, IDDU DE CELU LA GUARDAU / E NUDDU DE LA GENTE NDE PATIU. / È  RANDE, SANTU! MA DE LI SANTUNI / FACE RAZIE, E MERACULI A MIGLIUNI”.

Ma sono tanti altri ancora i misteri e i segreti racchiusi nello scrigno di questo gioiello di pietra, autentico simbolo del barocco leccese.

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