“La vendita dell’ex Ilva non potrà avvenire senza una ripresa produttiva e una garanzia di intervento pubblico. Ad oggi, nonostante le rassicurazioni del ministro Urso e del Governo Meloni, manca una mission chiara che offra una prospettiva ambientale, occupazionale e industriale per la siderurgia e la manifattura italiana”.
È quanto afferma Francesco Brigati, segretario generale Fiom Cgil Taranto, il quale sottolinea che “per assicurare il futuro dell’ex Ilva bisogna partire dalle attuali difficoltà degli stabilimenti del gruppo. Senza investimenti per la riattivazione degli impianti, questi non possono risultare attraenti per i possibili investitori, se non con la stessa logica distruttiva di ArcelorMittal”.
Per il sindacalista, “il ruolo della gestione commissariale deve avere un obiettivo chiaro: mettere in sicurezza gli impianti, garantire la ripartenza degli altiforni e della laminazione a freddo, e proseguire con il risanamento ambientale. In questo contesto, ci sembra evidente che l’avvio della procedura di cassa integrazione straordinaria non va nella direzione auspicata dalla Fiom Cgil, sia per l’alto numero di lavoratori coinvolti, sia per la mancanza di chiarezza sull’aumento della produzione, quest’ultima indispensabile per la ripartenza dell’area a freddo di Taranto, fortemente penalizzata dalla fermata produttiva”.
Brigati sostiene che “l’unica garanzia per consentire una transizione ecologica e un piano industriale ambizioso per la siderurgia italiana è l’intervento pubblico. Su questo tema, il ministro Urso sembra aver dimenticato quanto dichiarato in occasione della visita allo stabilimento, quando parlò dell’applicazione di una norma del golden power, necessaria per imporre divieti o prescrizioni a garanzia del livello produttivo e degli investimenti”.
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