Cecilia Sala, appena tornata in Italia dopo 21 giorni di detenzione in Iran, ha raccontato la sua esperienza nel podcast prodotto da Chora Media. Arrestata e rinchiusa nel carcere di Evin senza spiegazioni, la giornalista ha condiviso le emozioni e i dettagli dei giorni trascorsi in isolamento.
“Non mi hanno detto perché ero lì”
“Non mi hanno spiegato perché mi trovassi in isolamento a Evin”, ha dichiarato Sala. “Questa storia inizia dal fatto che l’Iran è il Paese dove più desideravo tornare, dove ho legami affettivi profondi”.
Il ritorno a casa
“Mi sento confusa e felicissima. Devo riposare, riabituarmi. Non ho dormito per l’emozione e la gioia. Sto bene, sono davvero contenta”, ha raccontato.
I momenti di sollievo
In carcere, nonostante tutto, Cecilia è riuscita a trovare attimi di sollievo: “Ho riso due volte. La prima quando ho visto il cielo, la seconda per un uccellino che faceva un verso buffo. In quei momenti ho provato una gioia intensa”.
L’arresto e la prigionia
Sala ha ricostruito il momento dell’arresto: “Stavo lavorando, hanno bussato alla porta. Pensavo fossero gli addetti alle pulizie, ma erano insistenti. Mi hanno portata via e capito subito che non sarebbe stato un episodio breve. Sapevo di essere a Evin, un carcere che conoscevo per fama”.
Le ipotesi sull’arresto
La giornalista ha pensato che la sua detenzione fosse collegata all’arresto in Italia dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini: “Ho immaginato subito che potesse trattarsi di uno scambio e che sarei rimasta a lungo”.
Il pensiero ai detenuti iraniani
“Il mio pensiero va a chi è in carcere da molto più tempo”, ha detto Sala con commozione. Tra loro, Farzané, una donna con cui ha condiviso gli ultimi giorni di detenzione: “Provo un senso di colpa per essere stata liberata mentre lei è ancora lì”.
Interrogatori e accuse vaghe
Durante la detenzione, Cecilia è stata interrogata quasi ogni giorno: “Mi accusavano di cose vaghe e mai circostanziate, reati gravi e pubblicità contro la Repubblica islamica”.
La paura e la resilienza
“Ho avuto paura per la mia vita. In un Paese dove le punizioni possono essere definitive, è inevitabile. Non sono mai stata minacciata fisicamente, ma la mia mente immaginava scenari terribili. Non avevo illusioni e questo mi ha permesso di apprezzare ancora di più la libertà”.
Le privazioni
Sala ha descritto le difficoltà dell’isolamento: “Senza libri o occhiali, il tempo non passava. Un’ora sembrava una settimana. Ho chiesto un Corano, ma non mi è stato dato per giorni. Dormivo senza materasso né cuscini, ma il cibo era buono: il riso con lenticchie e carne è stata la mia fortuna”.
Un racconto che mette in luce le difficoltà della prigionia e la forza necessaria per superarle.
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