Palloncini argento, con le lettere “F” e “G”, legati ai manubri delle moto. Due striscioni con dediche che raccontano sorrisi indimenticabili: “La vostra bellezza e il vostro sorriso erano unici. Che il nostro abbraccio possa arrivarvi fin lassù”. Nella chiesa di Gesù Liberatore a Canosa di Puglia, il silenzio è stato spezzato solo dalle lacrime di chi, guardandosi, non trovava parole.
La comunità si è stretta intorno ai familiari di Giovanni Fiore, 25 anni, e Francesco Minervini, 21 anni, vittime del tragico incidente stradale avvenuto nella notte tra sabato e domenica sulla statale 93, nei pressi del casello autostradale di Canosa.
Durante l’omelia, don Michele Pace ha esortato i presenti a trasformare il dolore in una nuova consapevolezza: “Questa paura e questa tristezza si devono trasformare subito in vita. Abbiamo il dovere di ripartire, rivedendo i nostri stili di vita, rimettendo al centro la cura delle relazioni e delle parole. Parole che accarezzano, che costruiscono, non che feriscono”.
Il sacerdote ha parlato ai giovani, invitandoli a riflettere sull’importanza di ogni scelta, anche quella che sembra più banale: “Ogni decisione può essere determinante per il vostro futuro”. E agli adulti ha rivolto un appello a non abbandonare il ruolo educativo, “per quanto faticoso o apparentemente infruttuoso”.
Don Michele conosceva bene Francesco, parte attiva della comunità parrocchiale. “Mi piaceva chiedergli, vista la sua statura morale e fisica: ‘Che si dice lassù?’. Mi piacerebbe chiederlo anche adesso. Francè: ‘Che si dice lassù?’. Sono certo che lui e Giovanni sono già in paradiso, a vegliare su tutti noi”.
All’uscita dei feretri, gli amici dei due ragazzi, accomunati dalla passione per le moto, hanno dato gas, regalando un ultimo rombo in loro onore. Un addio pieno di dolore e affetto che ha unito un’intera comunità.
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