BARI – Una vera e propria “società di guerra” – così l’avrebbero definita gli indagati – con tanto di struttura gerarchica ben definita, quote societarie (600mila euro come capitale iniziale), un libro mastro per le entrate e le uscite e il traffico di droga in tutta la provincia come principale fonte di approvvigionamento. All’indomani dell’omicidio di Nicola De Santis a Japigia, nell’aprile del 2017, i clan del quartiere a sud di Bari, Palermiti e Parisi avrebbero deciso di fare cassa comune con suddivisione di ruoli e compiti. A promuovere il sodalizio Domenico Milella, ex braccio destro del boss Eugenio Palermiti, adesso collaboratore di giustizia.
Parte di qui l’operazione della Dda e dei carabinieri del comando provinciale di Bari che nelle scorse ha portato all’arresto di 56 persone, tutte affiliate ai Parisi – Palermiti, una sorta di spin off – come si direbbe in gergo seriale – dell’operazione che il 26 febbraio scorso ha decimato non solo il clan di Japigia ma anche quelli di altri quartieri del capoluogo. Le indagini, condotte dal 2017 al 2020, prendono il via dopo i tre omicidi di mafia commessi a inizio del 2017 a Japigia, frutto della faida tra il clan Palermiti e gli “scissionisti” capeggiati da Antonio Busco. Per sostenere il conflitto e permettere la cacciata di Busco, il clan Palermiti si alleò con il clan Parisi creando la “società della guerra”. Il business più redditizio era quello dello spaccio di stupefacenti con rifornimenti di cocaina da Mola, Noicattaro, Terlizzi e Capurso, di hashish e marijuana da Marocco e Spagna. E per sviare i controlli all’epoca del covid – secondo quanto emerso dalle intercettazioni -, ecco in giro per la città pusher travestiti da soccorritori del 118 con tanto di tenute, guanti e mascherina o da operai. Qualcuno, inoltre, si era già munito di divisa da agente di polizia municipale.
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