Manipolazione delle gare d’appalto: in carcere imprenditore di Lucera

BARI – “Quanto costa il pollo?”, “Dobbiamo dare un po’ di ossigeno”, “Ho pagato 60mila euro per tre gare, alla fine ne ho vinta solo una”. Sarebbero queste le frasi intercettate dalla Gdf del capoluogo che questa mattina ha smantellato un sistema di tangenti e corruzione sugli appalti pubblici (in particolare in tema di dissesto idrogeologico e sul demanio idrico) che ha coinvolto 11 persone (uno agli arresti in carcere e 2 ai domiciliari) più altri 12 indagati. Al vertice dell’operazione, un imprenditore di Lucera, Antonio Di Carlo che, insieme alla figlia Carmelisa, avrebbe favorito tangenti nei confronti di pubblici ufficiali per turbare e manipolare le aste di appalto. Il modus operandi accertato dai finanzieri coordinati dalla procura di Bari sarebbe stato sempre lo stesso, verificato in sette episodi. Secondo le indagini, l’imprenditore avrebbe manipolato le aste a suo vantaggio mettendosi d’accordo con altri colleghi imprenditori affinché – si legge – “non dessero fastidio”, non partecipassero alle gare o vi prendessero parte senza averne i requisiti. L’uomo avrebbe in questo modo ottenuto gli appalti anche agendo sulla commissione aggiudicatrice. Cinque gli episodi verificati in cui ci sarebbe stata la corruzione: una tangente da 60mila euro a Elio Sannicandro, direttore generale di Asset, quale corrispettivo per garantire l’aggiudicazione di un appalto integrato relativo la realizzazione di lavori in bacini idrografici; due da 5mila a un componente della commissione aggiudicatrice e a un funzionario della regione Puglia; una da 36mila al componente di una gara per l’adeguamento sismico di una scuola del foggiano; e in ultimo 3mila euro a un Responsabile unico di un procedimento per una manutenzione ordinaria. Le attività di indagini – svolte negli ultimi tre anni – hanno coinvolto sei comuni del Foggiano e alcuni nel Barese, altri due imprenditori per le turbative e un mediatore funzionario di un ente pubblico. I tariffari sulle tangenti andavano dal 5 al 10 per cento e le corruzioni venivano tutte annotate su un taccuino. Sequestrati 100mila euro come profitto illecito da tangente per i funzionari indagati

 

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