La sezione distaccata di Taranto della Corte d’Assise d’Appello di Lecce ha annullato la sentenza di primo grado del processo “Ambiente Svenduto”, riguardante il presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva negli anni di gestione dei Riva.
Il procedimento, che coinvolgeva 37 imputati e tre società, sarà ora trasferito alla procura di Potenza. La decisione è stata presa accogliendo la richiesta dei difensori, secondo cui i giudici tarantini, togati e popolari, che hanno emesso la sentenza in primo grado, devono essere considerati “parti offese” dal disastro ambientale.
In primo grado, il processo aveva portato a 26 condanne per dirigenti della fabbrica, manager e politici, per un totale di circa 270 anni di carcere. La Corte d’Assise aveva inoltre disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo e di 2,1 miliardi di euro, somma equivalente all’illecito profitto accumulato da Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici. La Corte d’Appello presieduta dal giudice Antonio Del Coco ha letto solo il dispositivo dell’ordinanza, mentre le motivazioni saranno depositate entro 15 giorni.
Reazioni
La decisione ha sollevato reazioni di forte sconcerto. Angelo Bonelli, portavoce nazionale di Europa Verde, ha definito l’annullamento della sentenza “un’ingiustizia”. In una nota, Bonelli ha ricordato i drammatici dati sull’inquinamento a Taranto: il 93% della diossina prodotta in Italia e il 67% del piombo furono emessi in quella zona, secondo il registro Ines dell’ISPRA. “Siamo di fronte a uno dei più gravi disastri sanitari e ambientali della storia italiana ed europea”, ha affermato Bonelli, evidenziando come la sentenza rappresenti una “ferita inflitta” alla città di Taranto, già devastata da morti e malattie, soprattutto tra i bambini.
Anche l’avvocato Gian Luca Vitale, che rappresenta gli interessi di Slai Cobas e Medicina Democratica, ha espresso preoccupazione, sottolineando come il trasferimento del processo a Potenza potrebbe diventare “un pericolosissimo precedente”. Vitale teme che, accogliendo le eccezioni sollevate dai difensori, la decisione rischi di bloccare il più grande processo per disastro ambientale mai celebrato in Italia, aprendo la strada ad altri casi in cui, se tra le vittime figurano giudici, i processi potrebbero essere annullati.
Il Codacons, che rappresenta alcune parti civili nel processo, ha espresso “grande delusione” per la decisione della Corte d’Appello di Lecce. L’associazione ha denunciato che, in Italia, “sembra esserci licenza di uccidere in nome del profitto”, evidenziando come centinaia di parenti delle vittime e malati di tumore saranno ora costretti a ricominciare il percorso giudiziario a Potenza. Il Codacons ha annunciato un esposto contro i giudici che hanno emesso la sentenza annullata, affinché siano accertate eventuali responsabilità nella vicenda.
Di seguito, le dichiarazioni di Vincenzo Fornaro (ex consigliere comunale), Margherita Calderazzi (COBAS), Alessandro Marescotti (Peacelink) e Antonio Lenti (consigliere comunale per Europa Verde Taranto).
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