La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo sulla legge Calderoli sull’autonomia differenziata. La decisione, attesa, arriva a poche settimane dalla sentenza di novembre 2024, che aveva già individuato sette profili di illegittimità nella normativa, smantellandola nei suoi punti cardine.
Francesco Boccia, presidente dei senatori del Partito Democratico, ha definito la legge “pessima per il Paese”, accusandola di aumentare le disuguaglianze territoriali e sociali. “In Parlamento continueremo a combattere per bloccare le intese già avviate con le regioni del nord e per stabilire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), come richiesto dalla Consulta”, ha dichiarato Boccia, sottolineando che un regionalismo virtuoso può esistere solo nel rispetto dei principi di sussidiarietà e unità nazionale.
Sulla stessa linea, il deputato pugliese Claudio Stefanazzi ha definito la pronuncia della Corte “un’occasione di riflessione per evitare di spaccare il Paese”. Secondo Stefanazzi, il progetto autonomista leghista è ormai “morto”, colpito al cuore dalla sentenza che ha imposto la previa individuazione dei LEP e il loro finanziamento uniforme. “Il referendum avrebbe alimentato ulteriori divisioni. La sconfitta politica della Lega è netta, e ora spetta al Parlamento discutere seriamente le devoluzioni di competenze alle regioni”, ha aggiunto.
Anche Marco Lacarra, deputato PD, ha sottolineato come la sentenza fosse prevedibile dopo la demolizione della legge da parte della Consulta. “Quel provvedimento era un attacco ai principi della nostra democrazia. La maggioranza deve adeguare l’autonomia differenziata ai valori della Costituzione”, ha affermato.
Il Partito Democratico si dice pronto a continuare la mobilitazione insieme ai comitati e ai cittadini per difendere i territori più fragili, in particolare il Sud e le aree interne, contro quello che viene definito un tentativo di “secessione mascherata”.
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