Brindisi, migliaia di oriundi brasiliani naturalizzati: indaga l’Antimafia

BRINDISI – Avrebbero favorito l’ingresso sul territorio italiano di migliaia di cittadini  brasiliani che, grazie ad  origini perdute nel tempo, hanno ottenuto il riconoscimento della cittadinanza e quindi il doppio passaporto.

Sei persone sono accusate per associazione per delinquere finalizzata a favorire l’illecito ingresso e l’indebita permanenza nel territorio italiano di stranieri clandestini e irregolari. Si tratta di una donna residente a Napoli e due a Brindisi, oltre a tre soggetti stranieri non ancora identificati: tutti finiti sotto la lente della Direzione distrettuale antimafia. Le procure interessate sono Lecce e Napoli, mentre le indagini sul campo sono state affidate agli agenti della locali questure. A Brindisi, nella giornata di giovedì, i poliziotti della Squadra Mobile hanno perquisito le abitazioni delle due signore. Appartamenti indicati come sede legale di due agenzie specializzate: lì, i poliziotti hanno trovato e sequestrato documenti, pc e smartphone. Effettuate perquisizioni anche in una agenzia della Campania.

Immigrazione clandestina, l’accusa

Secondo l’accusa, come sempre tutta da dimostrare, gli indagati, in associazione tra loro e attraverso il tramite di agenzie non interconnesse, avrebbero messo in piedi un sistema capace, dal 2017 a oggi, di favorire l’ingresso di oltre un migliaio di clandestini brasiliani. Molti di loro, la maggior parte di giovane età, risultano oggi regolari cittadini italiani avendo potuto vantare, per l’ottenimento del  nuovo passaporto, una serie di requisiti. In primis, la certificazione dell’esistenza di avi immigrati anni addietro dal Belpaese. Proprio su questi documenti si sono concentrate le indagini gli investitori dell’Antimafia. Le due procure, evidentemente insospettite da un insolito flusso sulla tratta Brasile – Italia, ipotizzano l’esistenza di un’associazione per delinquere in odor di immigrazione clandestina.

Immigrazione clandestina, coinvolti anche tre stranieri

Che si sia trattata di una genuina “saudade” del paese di origine, piuttosto che di altro è ancora presto per dirlo. L’inchiesta  è comunque nelle sue fasi iniziali: le donne titolari delle agenzie sospette, due con sede nel capoluogo messapico, rivendicano la liceità dell’attività e quindi delle pratiche. Nell’inchiesta sono coinvolti anche tre stranieri residenti, neanche a dirlo, proprio in Brasile. A carico degli indagati, che restano a piede libero, non sono state messe misure cautelari.

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