BARI – Una struttura piramidale ben organizzata, con un vertice nella città vecchia di Bari, feudo – da sempre – del clan Capriati. Pusher giovanissimi e agguerriti; uno spaccio capillare con ruoli ben definiti e la figura della donna sempre più incisiva. Più di 120 persone coinvolte e 67 indagati (43 in carcere e 17 ai domiciliari) per l’operazione Partenope che ha smantellato la propaggine del Sud Barese dell’organizzazione criminale del capoluogo con a capo sempre Filippo Capriati che, nonostante in carcere per altra causa, di lì avrebbe impartito ordini ai sodali passando per via telematica e la possibilità di avere colloqui con la moglie ai tempi delle restrizioni covid. Le attività investigative condotte dai carabinieri di Bari coordinati dalla Distrettuale Antimafia, hanno preso il via con le dichiarazioni del 47enne collaboratore di giustizia di Castellana Grotte, Carmelo Recchia. Intercettazioni ambientali, telefoniche, pedinamenti e controlli hanno permesso di appurare l’intensa attività di spaccio tra i comuni di Putignano, Castellana, Noci, Alberobello, Locorotondo e Acquaviva delle Fonti. Nella città del Carnevale la base logistica, in particolare nel quartiere San Pietro Piturno, storicamente base dei Capriati. La svolta all’indagine l’ha data la morte di Francesco Genchi, nel gennaio 2020, che ha determinato un vuoto di potere e l’ingresso di un nuovo sodale, “La bionda”, 41enne di Putignano che accentrava a sé la gestione di cassa e forniture. I responsabili delle varie articolazioni provvedevano alla successiva distribuzione agli spacciatori, stabilivano il prezzo di vendita all’ingrosso e al dettaglio, organizzavano l’attività degli spacciatori e, talvolta, provvedevano direttamente allo spaccio, poi, riscuotevano i proventi e ripartivano le quote reclutando nuovi spacciatori. Le accuse sono traffico di stupefacenti, riciclaggio, sequestro di persona e rapina, detenzione di armi, estorsione aggravata dal metodo mafioso.
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