Omicidio Paolo Stasi, ricorso per Cassazione per presunto killer

FRANCAVILLA FONTANA – Se per i giudici del Riesame non vi è alcun dubbio sul ruolo primario di Cristian Candita nella dinamica che, lo scorso 9 novembre, portò all’esecuzione del 19enne Paolo Stasi, la pensa diversamente la difesa dell’indagato che, in queste ore, ha presentato ricorso per Cassazione.

Omicidio Stasi, il corpo di Paolo su via Occhibianchi

A sparare e ad uccidere Stasi, secondo gli inquirenti, fu Luigi Borracino, armato di pistola di piccolo calibro, mai ritrovata. Ad accompagnare il complice nei pressi di via Occhibianchi dove la vittima viveva fu invece Candita alla guida di una Fiat Punto di colore nero.

Questa la ricostruzione operata sulla base dei rilievi dei carabinieri, poi finita nell’ordinanza che il 22 maggio portò all’arresto dei due presunti killer, accusati di omicidio volontario premeditato in concorso e aggravato dai futili motivi. Da quel giorno Borracino, minore all’epoca del delitto e il 21enne Candita sono rinchiusi, in silenzio, nel carcere di Brindisi.

Omicidio Stasi, il percorso dei killer

Omicidio Stasi, il ricorso per Cassazione

Per Candita, l’avvocato Michele Fino aveva chiesto l’annullamento dell’arresto, poi respinto dai giudici e, ora, oggetto del ricorso in Cassazione, depositato alla scadenza dei termini.

“Le indagini hanno ampiamente dimostrato – scrissero i giudici del Riesame – che Cristian Candita, utilizzando l’auto nella sua disponibilità, decideva di accompagnare (e poi riprendere) Borracino nei pressi dell’abitazione di Paolo Stasi, ben consapevole della volontà omicida del complice».

D’altro canto, l’ordinanza di maggio rimarca più volte l’aggravante della premeditazione: gli investigatori, infatti, ricostruirono anche un sopralluogo effettuato dai due indagati pochi giorni prima in via Occhiabianchi. Sui futili motivi, l’accusa verte sul debito di droga, eventualmente contratto dallo sfortunato 19enne con Borracino, accusato, come gli altri indagati, dello spaccio di sostanze stupefacenti. Un “ammanco” di cinquemila euro, questo il valore dato alla vita di Paolo Stasi, che avrebbe portato l’allora 17enne, suo amico, a chiudere quella “pratica”, improvvisamente diventata scomoda, in maniera tragica, violenta. Mentre il percorso giudiziario di Borracino scorre sui binari tracciati dal Tribunale per i  minorenni di Lecce, il destino di Candita, su cui indaga la Procura ordinaria di Brindisi, resta ora appeso a quel ricorso nelle mani della Suprema Corte. Cristian Candita, questa la tesi difensiva, non uccise Paolo Stasi: neppure sapeva che Paolo Stasi sarebbe stato ucciso.

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