Venosa, una cittadina storica del Vulture-Alto Bradano, si trova oggi a fare i conti con le conseguenze di scelte politiche che risalgono a oltre quindici anni fa. Francesco Mollica, ex consigliere regionale e attuale sindaco, nel 2007 esponeva un’idea ambiziosa: la creazione di un ospedale unico per la zona, un piano che prevedeva la progressiva riduzione dei servizi esistenti, incluso quello dell’ospedale di Venosa.
In un’intervista pubblicata su “La Nuova” da Angela Remolino, Mollica parlava di “razionalizzazione della spesa”, una definizione che, all’epoca, mascherava l’intenzione di chiudere l’ospedale locale per concentrare i servizi altrove. Oggi, a distanza di anni, i risultati di quella visione sono evidenti: Venosa si ritrova senza un ospedale funzionante e priva di un servizio di emergenza 118 efficiente.
La situazione ha raggiunto un punto critico, con cittadini lasciati in balia di un sistema sanitario che non risponde alle loro necessità. Le dichiarazioni di Mollica, che oggi guida la città, risuonano come un eco lontano. “Nel frattempo i servizi oggetto di ridimensionamento vanno non solo mantenuti, ma anche migliorati”, affermava un tempo, parole che oggi suonano vuote e prive di sostanza.
La realtà è ben diversa: una comunità abbandonata, famiglie in lutto per la mancanza di un’ambulanza che non è mai arrivata. Venosa, però, non è una città dimenticata; ha memoria e, ora più che mai, il coraggio di reagire. I cittadini si uniscono per chiedere un cambiamento, affinché non si ripetano tragedie simili e per garantire che le promesse fatte non rimangano solo parole al vento. Venosa merita un futuro migliore, e la sua gente è determinata a lottare per ottenerlo
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