Taranto: Rifiuti pericolosi, smantellata organizzazione ecocriminale

Nella giornata giovedì 25 maggio 2023, la Capitaneria di porto-Guardia Costiera ha  smantellato una articolata catena ecocriminale dedita all’illecito smaltimento di rifiuti pericolosi operante nell’intera provincia di Taranto.

Le attività investigative, condotte per mesi da parte della Guardia Costiera di Taranto, legate ai lavori di rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e di quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto, hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di una articolata organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti, composta da tre società, che con più operazioni continuative e attraverso l’allestimento di più mezzi ad essa strumentali, avrebbero posto in essere una strutturata e abusiva gestione nelle tre fasi di produzione, trasporto e smaltimento, di ingenti quantità di rifiuti pari a 16.264,75 tonnellate di terre e rocce da scavo (C.E.R.  17.05.04) molti dei quali privi delle analisi di caratterizzazione e parti dei quali costituiti da fanghi di dragaggio (CER 17.05.06) illecitamente qualificati terre e rocce da scavo – nonchè materiali misti di demolizione  (CER 17-09.04) – interamente conferiti presso un impianto esclusivamente a suo tempo autorizzato al recupero in procedura semplificata, e smaltiti mediante tombamento trasformando detto sito di stoccaggio per il recupero in un sito di smaltimento, quindi in una discarica abusiva di oltre 40.000 metri quadrati circa di estensione conseguendo un ingiusto profitto.

Tre le società coinvolte, otto i soggetti indagati a vario titolo. In aggiunta alla sospensione delle attività, si è proceduto al sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto per il traffico illecito di rifiuti, dei conti correnti bancari e/o postali per oltre 1.200.000 di euro.

Nel corso dell’operazione si è proceduto:

al sequestro di cinque motrici e relativi rimorchi di proprietà della società incaricata del trasporto dei rifiuti dal sito di produzione al luogo di illecito smaltimento;
al sequestro di una cava dismessa destinata a discarica abusiva che si estende per una superficie complessiva di circa quattro  ettari di terreno avente capacità contenitiva accertata di oltre 300.000 metri cubi, in cui risultano illecitamente tombati in un lungo arco temporale migliaia di tonnellate di rifiuti indiscriminati.

Le attività investigative, protrattesi per mesi da parte del nucleo di polizia giudiziaria della Guardia Costiera di Taranto attraverso l’utilizzo di investigazioni di natura tecnica e documentale, hanno consentito di ricostruire e cristallizzare un quadro di responsabilità di notevole complessità con gravi ripercussioni di natura ambientale.

In particolare, l’analisi delle condotte illecite poste in essere dalle società coinvolte, nonché la disamina dei flussi economici, ha consentito di ipotizzare un significativo profitto economico consistito nell’effettivo ingiusto guadagno ottenuto dal mancato recupero di ingenti quantità di rifiuti protrattosi per mesi e nel loro tombamento mediante realizzazione di una discarica abusiva all’uopo realizzata e sottoposta a sequestro, a cui si aggiunge l’evidente compromissione e deterioramento ambientale conseguenti a tali condotte, atteso che i rifiuti in parola provengono da un’area SIN (sito di interesse nazionale), presentanti  concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti tabellari di legge stabiliti dal Testo Unico Ambientale .

La società appaltatrice dei lavori, produttrice dei rifiuti derivanti dai processi di dragaggio, demolizione ed escavazione, affidava gli stessi a specifica ditta di trasporto che a sua volta, in assenza delle doverose  e prescritte caratterizzazioni di non pericolosità legate alla particolare natura inquinante dei rifiuti, procedeva al tombamento non in una discarica autorizzata, ma in una cava di tufo di ingenti dimensioni, sita a Massafra (TA) in località Canonico, la cui autorizzazione a ricevere rifiuti come discarica era scaduta dal 2008 e non era mai stata rinnovata .

La Guardia Costiera tarantina ha monitorato per mesi decine di trasporti di materiale dal luogo di produzione a quello di illecito smaltimento, utilizzato come discarica di rifiuti e non come centro di recupero, eludendo la disciplina di settore e ottenendo l’abbattimento dei costi di smaltimento che sarebbero stati esponenzialmente più alti laddove fosse avvenuto in modo corretto.

Il complesso quadro indiziario ricostruito dalle indagini ha consentito di accertare un sistema di smaltimento connotato da una forte organizzazione e collaborazione tra le tre società componenti la filiera ecocriminale, tutte coinvolte, in cui ciascuna assicurava un segmento necessario della condotta illecita funzionale alla distruzione dei rifiuti in spregio alla normativa vigente, recando ingenti danni ambientali sotto forma di inquinamento del territorio, in un’area geografica già fortemente penalizzata sotto tale profilo.

E lo stesso contenuto delle intercettazioni risulterebbe esemplificativo della chiara e univoca volontà a delinquere da parte delle imprese, nel reiterare la condotta allorquando si diceva che di quei rifiuti non c’era “un ca…. da lavare” perché ritenuti non pericolosi.

La costante vigilanza ambientale dell’intero Compartimento marittimo di Taranto che si estende per 190 chilometri fino ad abbracciare l’intera Basilicata Jonica, portata avanti dalle donne e dagli uomini della Guardia Costiera Taranto in stretto coordinamento con la compente Autorità giudiziaria, ha consentito di ipotizzare l’esistenza di una illecita filiera economico/produttiva connotata dal mero ed esclusivo scopo di lucro, a danno e detrimento del “bene” ambiente e della salute dei cittadini.

Tale attività di capillare monitoraggio ambientale, che già nello scorso mese  febbraio ha portato al sequestro di due dei più importanti siti in uso ad altrettante società esercitanti, nella provincia Jonica, attività di estrazione materiali da cava e di recupero rifiuti, adibiti ad abusive discariche di rifiuti, continueranno senza sosta da parte della Guardia Costiera a salvaguardia e tutela di detti valori primari costituzionalmente protetti al fine di contrastare in maniera sempre più incisiva ogni tentativo di spoliazione e aggressione da parte dell’ecocriminalità organizzata.

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