“Si dice che mi sono venduto all’Ilva, ma è solo un’infamia. Basta odio e falsità”. Con queste parole Fabio Matacchiera, storico esponente della battaglia ambientalista a Taranto, respinge con forza le dicerie circolate sul suo conto, secondo cui avrebbe abbandonato la lotta contro l’inquinamento per interesse personale.
“Se negli ultimi anni mi sono allontanato da cortei e sit-in è solo per motivi di lavoro”, chiarisce l’ex presidente dell’associazione Caretta Caretta e del Fondo Antidiossina Onlus, ricordando che per decenni ha denunciato scarichi illeciti in mare, emissioni inquinanti e discariche abusive, subendo minacce e querele da parte di chi voleva metterlo a tacere.
Tra i momenti più difficili della sua battaglia, ricorda le due denunce per diffamazione presentate nei suoi confronti dagli ex proprietari dell’Ilva, la famiglia Riva, che nel 2010 lo portarono addirittura a processo. “Sono stato denunciato 19 volte e rinviato a giudizio in 11 processi, ma grazie al supporto di avvocati che hanno creduto nella mia causa, sono sempre stato assolto. La mia fedina penale è candida”, afferma con orgoglio.
La battaglia sulle cozze alla diossina e il tentativo di delegittimarlo
Tra le sue inchieste più note spicca quella sulle cozze contaminate dalla diossina, che nel gennaio 2011 fece scoppiare un caso nazionale. “All’epoca mi accusarono di aver procurato allarme, di essere un terrorista che voleva distruggere l’economia tarantina, ma otto mesi dopo le analisi confermarono la contaminazione e la Regione impose i divieti di pesca nel Mar Piccolo – racconta -. Fui minacciato e costretto a vivere per mesi in un clima di terrore. Cercarono di screditarmi e isolarmi, ma alla fine la verità è venuta a galla”.
Negli ultimi anni, Matacchiera si è dedicato alla realizzazione di strumentazioni sottomarine per la ricerca scientifica, tra cui una telecamera subacquea adottata da Vigili del Fuoco, Arpa e Cnr. Un progetto frutto di 24 anni di lavoro e sacrifici, che lo ha portato a spostare il suo impegno su un piano diverso, ma non per questo meno importante.
“Non ho certo bisogno di vendermi all’Ilva, come sostengono hater e denigratori di professione – ribadisce respingendo le accuse -. Taranto ha bisogno di pacificazione, coraggio e unità d’intenti per vincere le sue sfide e sentirsi veramente libera. Rimango fermamente convinto che quella fabbrica debba chiudere al più presto, perché in queste condizioni continuerà a provocare malattie e morte”.
potrebbe interessarti anche
Avetrana, titolo serie Sarah Scazzi: sindaco “Ferita dignità della comunità”
Rilancio ex Ilva, via libera alla trattativa con la cordata azera
Taranto, studenti tra camera iperbarica e Talassografico
Grottaglie, auto allagata: salvata dai vigili del fuoco
Taranto, Turco: “Aspettiamo il progetto sulla Fondazione per lo sport”
Pasqua: a Mottola la troccola diventa di cioccolato