Si è conclusa con una sentenza di non luogo a procedere l’udienza preliminare relativa alla presunta estirpazione della macchia mediterranea in località Blandamura-San Francesco Degli Aranci da parte di sei imputati. L’inchiesta era nata in seguito alle opere realizzate nella zona tra il 2017 e il 2022 al fine di realizzare un porto turistico.
L’accusa del Pubblico Ministero
Secondo il PM Di Tursi, infatti, la ditta incaricata dei lavori avrebbe operato in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza la preventiva autorizzazione necessaria, causando una “compromissione o un deterioramento significativi” del suolo, della flora e della fauna.
Nel mirino della pubblica accusa erano finiti l’amministratore unico della società incaricata delle opere, poi deceduto, Massimo Calò, il suo successore Maria Grazia Greco, il direttore dei lavori Giuseppe Ignazio Todaro, il dipendente della Divisione Patrimonio-Politiche abitative-demanio-Ufficio espropri del Comune di Taranto Maria Ausilia Mazza, il responsabile del procedimento Cosimo Netti, la dirigente della Direzione Sviluppo Economico e Produttivo del Comune di Taranto Erminia Irianni e l’allora Segretario Generale del comune ionico Eugenio De Carlo.
Secondo quanto emerso dalla sentenza di non luogo a procedere, la società aveva richiesto al Comune la concessione demaniale-marittima. Richiesta che, però, è rimasta inevasa per anni. Ad attribuire la concessione demaniale ci aveva pensato poi il Commissario Tommaso Blonda nel 2017. Concessione che, secondo il Pubblico Ministero, sarebbe stata viziata da profili di illegittimità. Un atto di carattere giurisdizionale e, dunque, non amministrativo secondo i difensori degli imputati, tra cui gli avvocati Vincenzo Cozza e Carlo Panzuti coadiuvati dalla consulenza dell’ingegnere Angelo Sgura, poiché il Commissario era stato incaricato dal TAR.
La decisione del GUP
Per questo motivo – sostengono – , i funzionari comunali non avrebbero potuto sottrarsi alla sottoscrizione. Secondo il GUP, inoltre, non sarebbero emersi elementi tali da ritenere che la decisione del Commissario costituisca un’attività criminosa. Pertanto, stando alle valutazioni operate dal Giudice per l’Udienza Preliminare, i membri della società incaricata delle opere avrebbero agito nella “ragionevole convinzione di stare esercitando dei diritti” e di “stare adempiendo ad un dovere”.
Motivi per cui il GUP Francesco Maccagnano non avrebbe rilevato i reati di inquinamento ambientale e concorso formale, oltre all’abuso d’ufficio abrogato di recente, scagionando dalle accuse tutti gli imputati. Nel procedimento si erano costituite parti civili il Ministero dell’Ambiente, il Comune di Taranto, Legambiente-Circolo di Taranto e WWF-Organizzazione associata di Taranto.
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