In un’intervista in esclusiva parla l’ex consigliere comunale Antonio Torricelli
“Una condanna che non comprendo. Ma la mia coscienza è pulita”. In un’intervista in esclusiva parla l’ex consigliere comunale Antonio Torricelli, coinvolto nel processo sulle case popolari: “La mia battaglia non è finita, lo devo alla mia famiglia”.
Dopo dieci anni di processo, come descriverebbe il suo stato d’animo oggi?
“Dopo dieci anni di un processo infinito, complesso e – per certi versi – incomprensibile, che mi ha coinvolto solo per aver provato, nei limiti delle prerogative del mio ruolo di consigliere comunale, a suggerire consigli e soluzioni a uffici e amministratori (gli unici titolati a decidere e agire), posso finalmente dire che una sentenza, pur anche solo di primo grado, ha spazzato via capi di accusa diffamanti. Accuse che hanno disastrato e distrutto una vita spesa per oltre quarant’anni al servizio della mia città, sempre con onore, dignità e onestà”.
Qual era il cuore di queste accuse, e quale la sua posizione?
“Tutto ruotava attorno al problema casa, all’emergenza abitativa che riguarda persone socialmente fragili, economicamente deboli e impotenti di fronte alla necessità di garantire un tetto alla propria famiglia, ai propri figli. Temi che – a mio avviso – dovrebbero stare a cuore soprattutto alle Istituzioni, le quali purtroppo, per limiti strutturali e organizzativi, non riescono sempre a dare risposte adeguate a esigenze primarie, garantite dalla Costituzione. Io ho solo cercato di comprendere e affrontare queste difficoltà, e non mi pento di nulla”.
Qual è stato l’impatto personale e familiare di questi lunghi anni?
“Questo processo ha condizionato in modo drammatico la mia vita e quella della mia famiglia. Le ansie, le preoccupazioni, le sofferenze, le aspettative tradite… sono esperienze che non si possono spiegare a parole. Solo chi le ha vissute può capirle. Ma colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutti coloro – amici, conoscenti, cittadini – che, in questi anni interminabili, mi hanno espresso affetto, comprensione e vicinanza. A chi invece si è voltato dall’altra parte – anche in politica – a chi ha creduto che certe cose non possano mai toccare a loro, io auguro solo di essere in pace con la propria coscienza. Come lo sono io con la mia”.
Quali erano le accuse principali da cui è stato assolto?
“La sentenza ha fatto giustizia di accuse che non solo erano immeritate, ma anche immotivate, gratuite e – in alcune circostanze – errate: associazione a delinquere, peculato, falso ideologico in atto pubblico aggravato, corruzione elettorale, abuso d’ufficio. Tutte accuse che si basavano su un’idea a dir poco assurda: che al cuore dell’amministrazione si sarebbe annidata un’associazione criminale operante in combutta con povera gente per ottenere consenso politico. È stata una sconfessione totale dell’intero impianto accusatorio”.
Eppure è rimasta una condanna. Come la spiega?
“Quella condanna, che riguarda un semplice consigliere comunale, la definirei un vero e proprio arcano, difficile da comprendere e da decifrare, soprattutto se confrontata con chi – davvero – ha assunto decisioni operative. Mi si contesta un comportamento “contrario ai doveri d’ufficio”, per aver chiesto informazioni e notizie – nel pieno rispetto del mio ruolo istituzionale e documentato in sede processuale – su tre episodi:
• Una concessione di alloggio, avvenuta diciotto anni fa, decisa dall’amministrazione dell’epoca, e che oggi è stata sanata ufficialmente;
• Un tentativo di scambio consensuale tra due famiglie, perfettamente legittimo secondo legge, e condotto esclusivamente dall’Ufficio Casa;
• La restituzione al Comune di un alloggio inagibile, da parte dello IACP, vietata e immotivata, come già chiarito in aula. In tutti e tre i casi, sono completamente estraneo dal punto di vista gestionale e operativo”.
Come giudica l’operato della magistratura?
“Sono stato e sono un uomo delle Istituzioni. Lo sono stato come funzionario del Ministero delle Finanze e come amministratore del Comune di Lecce. Non potrei mai mancare di rispetto alla magistratura. Riconosco il lavoro immenso, la professionalità e la pazienza dei giudici che si sono occupati di questo complesso processo. Attendo le motivazioni della sentenza e poi continuerò, con l’aiuto del mio avvocato, Luigi Covella – che ringrazio per la sua competenza, pazienza e umanità, doti rare in questo mestiere – la mia battaglia per verità e giustizia.”
Cosa si augura per il futuro?
“Che questa battaglia serva non solo per il riscatto della mia vita, ma anche e soprattutto per quello dei miei amati figli, della mia splendida e dolce moglie, e di tutti i miei cari. Ho vissuto questo processo con la coscienza pulita. E continuerò a lottare perché alla fine verità e giustizia siano l’unico obiettivo da perseguire.
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