Oria, operaio morto: “la compagnia assicurativa non versa il maxi risarcimento”

ORIA – Dopo una battaglia legale lunga quindici anni, i famigliari di un operaio 52enne di Oria morto sul cantiere nel 2007 hanno visto riconosciuto dal giudice un risarcimento complessivo di oltre due milioni di euro. Un risarcimento che, però, sarebbe stato “bloccato” dalla compagnia assicurativa. Una situazione “inaccettabile” secondo Giesse Risarcimento Danni che, in questi anni, nel corso di un processo civile e uno penale, ha affiancato i famigliari di Armando Penta.

Il comunicato di Giesse Risarcimento Danni

“E’ stato un cammino lungo e faticoso – spiega Giuseppe Vacca, responsabile di Giesse Francavilla Fontana – nel quale sono state coinvolte due aziende: a seguito della sentenza, passata in giudicato, pronunciata dal Tribunale di Matera, secondo la quale entrambe le aziende sono corresponsabili per quanto accaduto non avendo predisposto adeguate misure di prevenzione e per non aver vigilato, la compagnia assicurativa deve provvedere al pagamento dell’importo stabilito dal giudice essendo, appunto, garante della responsabilità civile di una delle aziende ritenute responsabili”.

Eppure, secondo Giesse, la compagnia non sta pagando, malgrado quanto deciso in sentenza e tutta una serie di altre azioni puntualmente intraprese da Giesse e dai suoi legali fiduciari per arrivare a sbloccare la situazione.

“Di recente la compagnia ha manifestato la disponibilità a pagare – conclude Vacca – ma, inspiegabilmente, vorrebbe pagare una cifra di molto inferiore a quella indicata dal tribunale. Ribadiamo, questa volta pubblicamente, il nostro fermo invito la compagnia a pagare subito, senza se e senza ma, quanto deciso dal Tribunale di Matera, senza protrarre ulteriormente questa già dolorosissima vicenda e la sofferenza provata dai familiari di Armando; è molto facile, soprattutto quando si è vicini alla ricorrenza del primo maggio, dimostrare a parole solidarietà verso i familiari di coloro che perdono la vita sul lavoro ma, affinché non siano parole vuote e vane, dovrebbero essere seguite dai fatti: il reale e tempestivo pagamento di quanto disposto dal giudice!”.

La tragedia a Pisticci

Era l’11 dicembre del 2007 quando Armando Penta perse tragicamente la vita mentre smantellava, insieme ad altri operai, l’ex stabilimento chimico Tecnoparco di Pisticci Scalo, chiuso allora già da più di quattro anni. Il compito che gli era stato affidato prevedeva lo smontaggio di tubazioni e macchinari presenti al quarto piano dell’edificio per gettarli poi, mano a mano, attraverso un buco nel pavimento, al piano sottostante per essere ulteriormente movimentati.

Alle 9 del mattino, dopo aver lasciato cadere un pesante pezzo di un macchinario dismesso nell’apertura, qualcosa però andò storto e di colpo si consumò la tragedia: Penta cadde nella buca, precipitò nel vuoto per quasi 7 metri e, per un macabro gioco del destino, rovinò proprio sullo stesso cumulo di pezzi di ferro e acciaio ammucchiato nelle ore precedenti da lui stesso e dai suoi colleghi sul pavimento del piano sottostante.

Già nei primi momenti successivi alla caduta, le condizioni di Penta sono parse disperate e a nulla servì il tempestivo allarme al 118 lanciato dai colleghi, con la corsa all’ospedale di Tinchi e il successivo trasferimento in elicottero all’ospedale San Carlo di Potenza: dopo ore di agonia, Penta morì pochi giorni prima del suo 53esimo compleanno.

A quasi 15 anni da quel tragico giorno, i familiari attendono che, finalmente, sia fatta giustizia per il dovuto rispetto che si deve alla memoria di Armando Penta.

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