Lecce, clochard morto nella notte. Il commento di mons. Seccia

“Ho appreso la notizia attraverso un addolorato e affettuoso post pubblicato sui social dalla Croce Rossa di Lecce. E subito mi sono venuti alla mente, come in un flashback, i volti delle decine di senzatetto della nostra città che spesso incontro e per i quali un piccolo aiuto non basterà mai per strapparli alla morsa di un’ingiustizia sociale che li ha ‘condannati’ ad una ‘vita-non-vita’, Una sopravvivenza che accartoccia inesorabilmente ogni accettabile forma di dignità umana”.

A dichiararlo è l’arcivescovo di Lecce, mons. Michele Seccia dopo essere venuto a conoscenza della tragedia consumatasi la notte scorsa nel grande piazzale adibito a parcheggio all’ingresso nord del capoluogo salentino. Qui è stato trovato morto un senzatetto. L’uomo di origine marocchine 37enne era riverso senza vita sotto la pensilina del bus sotto la quale aveva trovato riparo per la notte.

“Non oso immaginare come il giovane deceduto abbia vissuto gli ultimi istanti della sua esistenza: da solo, al buio, al gelo – ha aggiunto Seccia -. Non è commiserazione la mia, ma è denuncia di una sconfortante impotenza, è tristezza, è drammatica incapacità di forze e di risorse, è l’angosciosa constatazione che il bene, forse, non sarà mai sufficiente”.

“L’ho ribadito anche in altre occasioni: è da tre anni ormai che, come Chiesa di Lecce, siamo in prima linea – non che prima non lo fossimo – nella lotta alla povertà e siamo davvero logorati (ma mai stanchi) dalle continue richieste di aiuti. Grazie al Cielo la Provvidenza non ci lascia mai. Ogni giorno, nel silenzio, la Caritas diocesana con l’Emporio e gli altri servizi, le mense parrocchiali, la Casa della Carità con le diverse forme di accoglienza e i pasti caldi, le Caritas parrocchiali, i tanti movimenti ecclesiali… – solo l’altro giorno abbiamo inaugurato le docce per i poveri grazie alla carismatica generosità dei Vincenziani dell’Idria – tutti svolgono un lavoro encomiabile”.

“Accogliamo chiunque con le braccia aperte e con il cuore libero – prosegue -: al momento – giusto per fare un esempio – solo la Casa della Carità, nelle sue diverse strutture e grazie alla disponibilità di alcune famiglie, accoglie più di cinquanta persone bisognose e, oltre ai pasti caldi (che in totale, compresa la mensa di Santa Rosa, sono più di 200 al giorno), offre loro anche un alloggio. Lo facciamo anche quando nessuno se ne accorge e senza pretendere nulla in cambio. Lo facciamo perché è il Vangelo che ce lo ordina e perché la fede non è un insieme di parole ripetute a cantilena. È una virtù che suscita l’azione di carità”.

“Vorremmo fare ogni giorno molto di più – sottolinea l’arcivescovo -, provando a strappare alla morte qualche povera vita, ci piacerebbe offrire a tutti un tetto, pagare le bollette delle centinaia di famiglie che bussano quotidianamente, regalare piccole prospettive di dignità… ma non sempre ce la facciamo. E questo – pur nella speranza che qualcosa possa cambiare e che simili drammi non accadano mai più – per un vescovo, è motivo di profonda amarezza e di umano sconforto”.

“Questa volta il mio invito non è per le istituzioni che qui a Lecce, ad ogni livello – lo dico con estrema franchezza -, non ho mai trovato disattente o insensibili alle necessità dei poveri. C’è reciproca collaborazione e tanta determinazione nella ricerca di soluzioni che restituiscano briciole di speranza. Il mio appello è contro l’indifferenza e contro quelle intollerabili forme di discriminazione che purtroppo strisciano sottotraccia in alcune fasce della nostra città e per le quali i poveri sono un fastidio, sono soggetti da scartare, e non invece persone da accogliere e da amare”.

“Non appena il cappellano del ‘Fazzi’, il caro don Gianni, mi comunicherà la disponibilità dell’autorità sanitaria – conclude mons. Seccia -, andrò a far visita alla salma del povero giovane. Pregherò per lui ma anche per tutti i poveri della nostra città, soprattutto per quelli invisibili, per quelli che provano vergogna a tendere la mano. Ma pregherò anche per i cuori induriti affinché possano lasciarci sedurre dal grido di aiuto che proviene da chi è nel bisogno”.

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