Il confronto sulla cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Acciaierie d’Italia proseguirà il 4 marzo, dopo che il tavolo convocato al Ministero del Lavoro si è concluso senza accordo definitivo. L’azienda ha manifestato disponibilità a concedere integrazioni economiche per la cigs, ridurre il numero massimo di lavoratori coinvolti da 3.420 a 3.200 e garantire la rotazione, evitando che qualcuno resti a zero ore. Tuttavia, i sindacati ritengono ancora insoddisfacente la proposta e chiedono ulteriori garanzie.
Le richieste dei sindacati
La Uilm ha sottolineato la necessità di apportare miglioramenti all’accordo, a partire da una ulteriore riduzione del numero di lavoratori in cassa integrazione e dal riconoscimento integrale dei parametri salariali previsti dall’accordo di luglio 2024, tra cui il premio di risultato in welfare. I rappresentanti della Uilm hanno inoltre sollecitato la convocazione urgente di un tavolo di monitoraggio a Palazzo Chigi per discutere complessivamente della vertenza ex Ilva.
L’Usb ha riconosciuto il passo in avanti fatto dall’azienda, ma ritiene che ci siano ancora margini di miglioramento su diversi aspetti, tra cui la continuità lavorativa, per evitare dichiarazioni di esuberi non solo per i dipendenti di Acciaierie d’Italia, ma anche per i lavoratori di Ilva in Amministrazione Straordinaria. Il sindacato ha ribadito l’urgenza di un incontro a Palazzo Chigi, considerando che la trattativa per la vendita dello stabilimento è ancora in corso e potrebbe richiedere quasi un altro mese. “Non possiamo affrontare questo delicato passaggio senza sapere quali saranno le intenzioni del nuovo acquirente”, ha dichiarato Francesco Rizzo dell’esecutivo nazionale Usb.
Anche la Fiom-Cgil ha espresso preoccupazione per la situazione, affermando che il governo ha smesso di confrontarsi con i sindacati da quando sono arrivate le offerte vincolanti per l’ex Ilva. “Non accetteremo discussioni che prevedano esuberi”, ha ribadito Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil, sottolineando la necessità di una presenza statale nella compagine societaria, la tutela dell’integrità del gruppo siderurgico e la garanzia occupazionale per tutti i 10.200 dipendenti diretti, i 1.600 di Ilva in AS e i 5.000 lavoratori dell’indotto.
L’incertezza sulla vendita dell’ex Ilva
Un punto critico della trattativa riguarda la vendita dello stabilimento, ancora in fase di negoziazione. I sindacati temono che la mancata definizione dell’assetto proprietario possa rallentare il piano di rilancio dell’ex Ilva e lasciare i lavoratori nell’incertezza. “Sarebbe stato opportuno arrivare all’incontro con il nuovo proprietario già definito”, ha evidenziato l’Usb, sottolineando il rischio che le strategie industriali del futuro acquirente possano mettere in discussione gli accordi finora raggiunti.
Nel frattempo, la vertenza si sposta anche sul piano politico, con la richiesta unanime dei sindacati di una convocazione a Palazzo Chigi. “Se servirà, ce lo andremo a conquistare”, ha avvertito la Fiom-Cgil, annunciando iniziative di mobilitazione per spingere il governo a un confronto diretto sul futuro dello stabilimento siderurgico.
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