foto Todaro/AntennaSud

Ex Ilva, ore decisive: sindacati a Palazzo Chigi, Baku Steel a Roma

Gli emissari del gruppo azero hanno visitato l’impianto di Taranto per una verifica tecnica prima di raggiungere la Capitale. Ma i sindacati frenano

ROMA – Si stringe il cerchio sul futuro dell’ex Ilva, con il governo e i sindacati riuniti a Palazzo Chigi e i rappresentanti di Baku Steel giunti nella Capitale. La scadenza per la scelta del nuovo acquirente è fissata per il 14 marzo e le indiscrezioni indicano proprio il gruppo azero, affiancato da Azerbaijan Investment Company e Socar, come favorito per rilevare lo stabilimento di Taranto.

Mentre da parte del Ministero delle Imprese e dai commissari straordinari resta il massimo riserbo per evitare ricorsi, gli emissari di Baku hanno visitato l’impianto pugliese per una verifica tecnica prima di raggiungere Roma, alimentando le ipotesi di un imminente accordo. Secondo alcune fonti, il gruppo azero sarebbe interessato a coinvolgere Cassa Depositi e Prestiti, Sace e Invitalia nel piano di rilancio.

Il nodo occupazione e il ruolo dello Stato

La questione del mantenimento dei livelli occupazionali resta centrale per i sindacati, che oggi, martedì 11 marzo, hanno incontrato il governo insieme ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e del gruppo Ilva. L’esecutivo ha ribadito l’intenzione di garantire “la massima occupazione possibile” e la piena decarbonizzazione della produzione, confermando inoltre che la seconda metà di marzo sarà decisiva: i commissari, dopo le verifiche sulle offerte ricevute entro il 14 marzo, chiederanno l’autorizzazione per avviare un negoziato in esclusiva con il miglior offerente.

Parallelamente, si attiveranno le procedure antitrust e la golden power per tutelare gli asset strategici dell’azienda. Il ministro Adolfo Urso ha sottolineato che l’obiettivo è fare di Taranto il primo stabilimento siderurgico completamente green in Europa, un traguardo che richiederà forti investimenti e una solida strategia industriale.

I sindacati: “No agli esuberi, servono certezze”

I rappresentanti sindacali hanno espresso preoccupazione per le tempistiche della trattativa e per le garanzie occupazionali. “Abbiamo due mesi per definire un accordo prima che le risorse statali si esauriscano – ha dichiarato Ferdinando Uliano (Fim-Cisl) – Il governo ci ha spiegato che tutte le proposte presentate prevedono la decarbonizzazione, ma ci preoccupa il fatto che il tempo a disposizione sia così ristretto. Se entro giugno non si troverà una soluzione, il rischio è che l’intera operazione si complichi ulteriormente, con ripercussioni pesanti sui lavoratori e sull’intero indotto”.

Anche Michele De Palma (Fiom-Cgil) ha ribadito la necessità di tutelare i lavoratori: “Non un lavoratore di meno. I lavoratori che hanno difeso l’azienda devono essere tutti coinvolti in questo processo di transizione verso la decarbonizzazione. Chiediamo al governo e alla futura proprietà un impegno chiaro e concreto su questo punto. È fondamentale che la transizione verso l’acciaio green non si traduca in un ridimensionamento del personale, ma anzi in un rafforzamento del settore. Per questo serve un confronto trasparente e un accordo chiaro che tuteli l’occupazione”.

Sulla stessa linea anche Rocco Palombella (Uilm), che ha chiesto chiarezza sul futuro del sito: “Vogliamo conoscere il piano industriale, senza di esso non si va da nessuna parte. Non possiamo accettare una trattativa in cui si chiede ai lavoratori di fare sacrifici senza avere certezze su cosa accadrà dopo. Vogliamo sapere chi investirà, con quali obiettivi e in che tempi. Se davvero si punta a un’acciaieria sostenibile, devono esserci impegni precisi su nuovi impianti e innovazione tecnologica. Inoltre, riteniamo fondamentale che non ci siano esuberi: non è accettabile che i lavoratori paghino il prezzo di un’operazione che dovrebbe invece rilanciare il settore”.

“Siamo soddisfatti a metà”. Così Sasha Colautti, dell’esecutivo nazionale confederale di Usb, ha commentato l’esito dell’incontro a Palazzo Chigi tra governo e sindacati sul futuro dell’ex Ilva. “Il ministro ci ha illustrato una prima roadmap del percorso che prenderà forma dopo la conclusione del bando, ma restano ancora molte incertezze. Abbiamo visto cosa è successo con ArcelorMittal: uno Stato presente solo economicamente, ma assente nelle decisioni strategiche. Non possiamo permettere che si ripeta lo stesso errore con un’azienda di questa importanza. Di fronte a una situazione straordinaria servono misure adeguate. Chiediamo un sistema universale di protezione che garantisca il lavoro e la sostenibilità ambientale”.

Anche Antonio Spera e Daniele Francescangeli (Ugl metalmeccanici) hanno sottolineato la necessità di un impegno concreto sul fronte occupazionale: “Abbiamo chiesto al governo che la cassa integrazione straordinaria, appena sottoscritta con il Ministero del Lavoro, sia solo un accompagnamento alla ripartenza dell’impianto e che sia legata all’andamento produttivo. Inoltre, riteniamo positiva l’idea di una partecipazione pubblica all’operazione, ma vogliamo garanzie sul fatto che lo Stato abbia un ruolo attivo nella gestione e nelle decisioni strategiche”.

Il futuro dell’ex Ilva si deciderà nelle prossime settimane, con il governo e i sindacati impegnati a trovare un equilibrio tra sostenibilità ambientale, continuità produttiva e salvaguardia dei posti di lavoro. Le trattative si preannunciano complesse, ma il tempo stringe e la scadenza di giugno si avvicina rapidamente.

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