Le affermazioni del ministro Adolfo Urso sull’ex ILVA hanno scatenato la dura reazione di Europa Verde, che le definisce “irresponsabili”. Il ministro ha dichiarato che l’obiettivo della vendita dell’impianto è trasformarlo nel più grande e avanzato sito siderurgico green d’Europa e ha annunciato che il governo Meloni ha chiesto all’UE di modificare il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), il meccanismo che assegna un prezzo alle emissioni industriali. Inoltre, ha rassicurato di non avere preoccupazioni sul futuro dello stabilimento di Taranto.
Di tutt’altro avviso Europa Verde, che denuncia il rischio per la salute dei cittadini e dei lavoratori, oltre allo spreco di risorse pubbliche su impianti obsoleti invece di investire in un rilancio sostenibile del territorio. “Il ministro non è preoccupato perché il suo unico obiettivo è vendere l’ILVA, non tutelare Taranto. La cessione andrà in porto tra sconti, rinvii, immunità penali, agevolazioni e norme su misura”, attaccano Rosa D’Amato, commissaria regionale, e Gregorio Mariggiò, co-portavoce provinciale.
Europa Verde critica anche la gestione del governo, accusato di favorire gli acquirenti con l’immunità penale prevista dal decreto Salva ILVA del 2022 e di rinviare il rinnovo dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Inoltre, il recente decreto n. 5/2025 affiderebbe la valutazione del danno sanitario all’azienda stessa, suscitando timori per la tutela ambientale.
Particolarmente grave, secondo Europa Verde, sarebbe la volontà del governo di modificare il CBAM, una mossa che – affermano – mira a consentire la produzione d’acciaio senza vincoli ambientali, contravvenendo ai principi della Costituzione. “Nel 2022 la Carta è stata modificata proprio per rafforzare la tutela ambientale, mentre ora si vuole andare nella direzione opposta”.
Un altro punto critico riguarda i tempi e la fattibilità della decarbonizzazione dello stabilimento. Secondo esperti del settore ascoltati in audizione parlamentare, come Gozi di FederAcciai e Bernabé, ex AD di Acciaierie d’Italia, servirebbero almeno dieci anni per la transizione. “Nel frattempo, gli altiforni continueranno a funzionare, mantenendo intatti i rischi per la salute pubblica”, sottolineano gli esponenti del partito ambientalista.
Dubbi anche sulle alternative energetiche: “Si parla di idrogeno verde, ma una delle cordate interessate all’acquisto propone un rigassificatore, quindi altro che transizione ecologica”.
“La decarbonizzazione dell’ILVA di Taranto è solo fantascienza”, concludono D’Amato e Mariggiò, lanciando un appello ai parlamentari affinché blocchino il decreto n. 5/2025, giudicato “fortemente lesivo dei diritti costituzionali”.
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