Escort e servizi sessuali: nuovo codice Ateco, ma Partite Iva Nazionali lancia allarme

Dal 1° aprile 2025 è ufficialmente operativo un nuovo codice Ateco che promette di accendere il dibattito pubblico: si tratta del codice 96.99.92, rubricato come “servizi di incontro ed eventi simili”. Una novità che consente l’apertura di partite IVA anche da parte di escort e operatori nel settore dei servizi sessuali, con l’obiettivo dichiarato di inquadrare fiscalmente un’attività finora priva di regolamentazione formale.

Tuttavia, la misura non è priva di controversie. Ad alzare la voce è Partite Iva Nazionali, attraverso il suo presidente, Antonio Sorrento, che invita a una riflessione più profonda sulle implicazioni legali e pratiche del provvedimento: “Prendiamo atto senza pregiudizi dell’adozione di questo nuovo codice Ateco – dichiara Sorrento –, ma è fondamentale capire se esistano le condizioni giuridiche e operative per esercitare l’attività in sicurezza e trasparenza”.

In Italia, sottolinea ancora Sorrento, la prostituzione in sé non costituisce reato, ma la legge Merlin vieta e punisce severamente l’induzione, il favoreggiamento e l’organizzazione dell’attività sessuale a pagamento, oltre alla gestione di case chiuse. Una cornice normativa che rende estremamente complesso il quadro di applicazione pratica del nuovo codice.

Il presidente di Partite Iva Nazionali spiega che il comitato scientifico dell’associazione ha sollevato dubbi sulla reale fattibilità dell’inquadramento fiscale previsto dal codice 96.99.92, che nella sua descrizione include anche l’organizzazione di eventi di prostituzione o la gestione di locali destinati a tale attività.

“Le criticità sono pesanti – continua Sorrento – e non possiamo fingere che non esistano. Se vogliamo davvero regolamentare il settore, bisogna prima affrontare e risolvere tutti i nodi legislativi e penali. Non esistono partite IVA di serie A e di serie B: i diritti e le tutele devono essere garantiti a tutti”.

Per questo motivo, Partite Iva Nazionali ha già trasmesso una petizione al Senato, chiedendo un intervento legislativo chiaro e preciso. L’obiettivo è avviare un dibattito serio e responsabile, che affronti non solo il profilo fiscale, ma anche le implicazioni civili, penali e sociali dell’inquadramento delle professioni legate ai servizi sessuali.

In attesa di risposte dal Parlamento, il tema promette di rimanere al centro del confronto politico e culturale nei prossimi mesi, tra esigenze di modernizzazione e doverosi interrogativi di carattere giuridico e morale.

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