Il Comitato per la Difesa del Territorio Jonico è intervenuto al Consiglio Comunale monotematico dedicato al progetto del dissalatore del Fiume Tara, evidenziando le principali criticità dell’iniziativa. Nel corso della seduta, Gladys Spiliopoulos, esperta in economia ambientale e valutazione di beni non di mercato, ha illustrato i punti deboli del progetto, mettendone in discussione gli impatti economici e ambientali.
La portavoce del comitato ha parlato a nome delle associazioni firmatarie e delle comunità di Statte e Massafra, sottolineando le preoccupazioni del territorio.
Parallelamente alla discussione in aula, un gruppo di cittadini, tra cui i giovani dell’associazione Gambe di Mazinga di Statte, ha organizzato un presidio all’esterno del Palazzo di Città per manifestare il proprio sostegno all’azione collettiva in difesa dell’ambiente. Un’iniziativa che testimonia la crescente sensibilità della comunità verso le scelte che riguardano il territorio.
L’Acquedotto Pugliese (AQP) ha presentato il dissalatore del fiume Tara come un’infrastruttura strategica per garantire l’approvvigionamento idrico della Puglia, in linea con il Goal 6 dell’Agenda 2030 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari per tutti). Tuttavia, una valutazione più approfondita del progetto solleva dubbi sulla sua effettiva sostenibilità, evidenziando criticità ambientali, economiche e sociali.
Un’illusione di sostenibilità?
Sebbene il dissalatore possa ridurre la dipendenza dalle falde acquifere, il suo funzionamento comporta consumi energetici elevati (oltre 20.000 tonnellate di CO₂ eq/anno), costi elevati rispetto ad alternative come il riuso delle acque reflue e un’efficacia limitata in periodi di siccità estrema, quando la portata del Tara si riduce drasticamente. Inoltre, AQP non ha chiarito se e quanti pozzi verranno effettivamente chiusi grazie alla nuova infrastruttura.
Uno degli elementi chiave della sostenibilità del progetto sarebbe il rispetto del deflusso ecologico minimo del fiume, valutato attraverso uno studio del Politecnico di Torino. Tuttavia, questo studio presenta lacune metodologiche, tra cui la mancata validazione sul campo e l’assenza di una valutazione sugli impatti sulle specie più vulnerabili, come la lontra e il gambero di fiume.
Un rischio per la biodiversità marina
Il progetto entra in diretto contrasto con il Goal 14 (Vita sott’acqua), poiché lo scarico della salamoia nel Mar Grande potrebbe alterare l’equilibrio chimico e biologico dell’ecosistema marino. La salinità elevata e la presenza di sostanze chimiche potrebbero compromettere la fauna bentonica, con conseguenze sulla mitilicoltura e sull’intero ecosistema costiero.
Impatti sul territorio e sulla biodiversità
Il dissalatore minaccia anche la biodiversità terrestre (Goal 15, Vita sulla Terra), riducendo la portata del Tara e alterando gli habitat di specie protette come la lontra e la testuggine palustre. Inoltre, il progetto prevede l’espianto di oltre 900 ulivi, alcuni dei quali secolari, e potrebbe contribuire alla desertificazione della zona ripariale.
Conclusioni
Sebbene presentato come una soluzione sostenibile, il dissalatore del Tara presenta numerose criticità che ne mettono in dubbio la reale efficacia e sostenibilità. La Puglia ha bisogno di una strategia idrica basata sul risparmio, sul riuso e sulla tutela delle risorse naturali, evitando soluzioni che rischiano di compromettere irreversibilmente il territorio.
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