A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid, che tra febbraio e aprile 2020 ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, è stata chiusa l’inchiesta per epidemia colposa. Tra i 19 indagati anche l’ex premier Giuseppe Conte, Roberto Speranza, ex ministro della salute, Attilio Fontana, governatore della Lombardia, e Giulio Gallera, all’epoca assessore della sanità della Regione Lombardia.
“Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura – ha commentato Giuseppe Conte, ed presidente del Consiglio ora a capo del M5 -. Sono tranquillo di fronte al paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”.
“Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto – ha detto Roberto Speranza, ex ministro della salute -. Sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina e nell’esclusivo interesse del Paese”.
Tra i destinatari dei 17 avvisi di conclusione delle indagini, che saranno notificati giovedì, e nei quali sono contestati a vario titolo i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso, ci sono anche il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell’allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli e tra i tecnici del ministero della salute l’ex dirigente Francesco Maraglino. Riguardo invece a Conte e Speranza gli atti dovranno essere trasmessi al Tribunale dei Ministri.
L’inchiesta ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms aveva lanciato l’allarme globale a tutti i paesi. Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano, chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, e l’applicazione di quello esistente anche se datato e che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.
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